Il 9 agosto scorso, Bill Lee, presidente del “Lee Consulting Group” e direttore esecutivo del summit sul coinvolgimento dei consumatori (Customer Engagement), ha lanciato una forte provocazione sulla comunicazione aziendale.
“Il marketing è morto”: così si intitola il post, pubblicato sul blog dell’Harvard Business Review. Senza mezzi termini.
Il marketing tradizionale – inclusi pubblicità, pubbliche relazioni, branding e comunicazione aziendale – è morto. Molte persone che hanno un ruolo o un’impresa nel marketing tradizionale potrebbero non aver compreso che stanno operando con un paradigma morto. Eppure lo fanno. Le prove sono chiare.
Per dimostrare la propria tesi, Bill Lee ricorre a diverse ricerche su come si comportano gli americani prima di effettuare un acquisto, sia online che “dal vivo”.
Anche per l’Italia sono stati sviluppati studi simili. Una ricerca pubblicata il 6 giugno scorso e realizzata dalla School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Mimesi, società di press & web monitoring, ha evidenziato risultati molto interessanti.
Ecco alcune delle conclusioni dello studio:
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- 8 milioni di italiani modificano le loro scelte d’acquisto a seguito delle informazioni recuperate attraverso i social media
- 15 milioni di italiani si fidano pienamente di quanto trovano nei blog e nei forum circa prodotti e servizi
- Il consumatore 2.0 ha una spiccata propensione a condividere anche le informazioni positive
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Se è vero, poi, che gli acquisti online da parte degli italiani stentano a raggiungere i livelli dei Paesi maggiormente sviluppati (malgrado l’incremento del 43% e del 32% rispettivamente nel 2010 e nel 2011), resta molto elevato il numero di persone che prima di comprare un prodotto o servizio reperisce informazioni in rete.
L’Osservatorio Multicanalità studia il rapporto degli italiani con l’integrazione dei mezzi di comunicazione: tv, radio, stampa, internet e mobile. L’Osservatorio è il frutto della collaborazione tra la società di ricerche Nielsen, il Politecnico di Milano e Connexia.
Secondo il rapporto, sono 20 milioni (8 su 10) gli italiani che prima di effettuare un acquisto ricercano informazioni online.
Una tendenza costante, confermata ormai da molti anni: con precisione dal 2007.
Per essere pratici, questo vuol dire innanzitutto tre cose:
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- È praticamente (quasi) impossibile far conoscere la tua attività se non hai dei profili aziendali sui principali social network;
- È fondamentale che tu abbia un sito web, con un discreto traffico, in cui descrivi i tuoi prodotti/servizi, le loro qualità specifiche, i prezzi, le offerte speciali, etc.
- Potresti aver bisogno – per migliorare la tua visibilità sul web – di “ingaggiare” qualche influencer, ovvero una personalità che abbia un discreto seguito su social network, blog e forum, per ottenerne delle recensioni positive.
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Un consiglio base, per cominciare a muoverti in questo mondo:
Entra a far parte della conversazione, non cercare di pilotarla
Più di ogni altra cosa, sul web, conta l’ascolto. Sui social network e su internet più in generale non conta la quantità di comunicazioni che tu vuoi trasmettere, ma la qualità delle conversazioni che riesci a creare con i tuoi consumatori o potenziali tali. Anche se sono ipercritici nei tuoi confronti.
Il concetto quindi è di buttare a mare tutti gli investimenti programmati per la pubblicità su stampa, tv e radio? Non esattamente.
Doralab – azienda italiana specializzata in servizi per il web – ha realizzato una ricerca (liberamente consultabile su slideshare, a questo indirizzo) che rileva un dato interessante: il “touchpoint”, ovvero il punto di contatto in cui viene stimolato il bisogno degli utenti all’acquisto di un prodotto o servizio, è rappresentato ancora in maniera fondamentale dalla pubblicità televisiva, anche per gli acquisti online. Altri importanti touchpoint sono le newsletter e il passaparola.
Molto dipende, quindi, dal tipo di business che gestite e da che tipo d’immagine volete dare della vostra azienda: le esperienze di Yamamay (che trovate qui) e Carpisa () riguardo la scelta dei volti da far comparire in una campagna di advertising tradizionale, così come nella selezione di un testimonial, possono esservi di esempio.
Il marketing è morto, dunque? Probabilmente no. Sicuramente però si è evoluto e restare al passo coi tempi diventa fondamentale per continuare a crescere.
Gennaro Sannino