Business agricoli. Ecco come farne uno con i consigli di esperti

Di
Redazione Millionaire
15 Maggio 2015

Un’azienda agricola su tre è guidata da Under 35. È boom di iscrizioni alla facoltà di Agraria. A sei mesi dalla laurea tutti hanno un lavoro. Il 46% dei giovani andrebbe a lavorare in campagna se avesse a disposizioni un terreno.

Come iniziare? Lo abbiamo chiesto a tre esperti: Maria Letizia Gardoni, 26 anni, marchigiana è delegato nazionale di Coldiretti Giovane. Anche lei ha investito nel settore: coltiva frutta e verdura con un metodo di coltivazione detto “ma-pi” dal nome di Mario Pianesi, l’uomo che ha portato il macrobiotico in Italia. Alex Giordano, tra i fondatori di Rural Hub, incubatore che offre formazione e network a neoimprenditori agricoli con idee innovative. E Letizia Marcenò, 26enne, siciliana, imprenditrice agricola innovativa.

Perché è il momento giusto?

«Negli ultimi 15 anni l’agricoltura italiana è cambiata tantissimo, non più di sussistenza, si è aperta all’innovazione e alla vendita su mercati esteri. I giovani sono i protagonisti di questo cambiamento. La svolta è avvenuta nel 2001, quando con la legge di orientamento è stato introdotto il concetto di multifunzionalità. In altre parole, se prima un produttore di grano poteva produrre solo questo, oggi può anche trasformarlo in seno alla sua azienda e aprirsi così a orizzonti più vasti. In questo modo qualsiasi imprenditore può dare sfogo alla sua creatività, puntando non solo al mercato alimentare, ma a tutti quelli che potrebbero essere coinvolti nella filiera: dalla bioedilizia, alla cosmetica, passando per la farmaceutica» spiega Gardoni.

maria letizia gardoni 3

Su cosa puntare?

«Il biologico è tra i campi più trainanti. Nell’ultimo anno è cresciuto dell’8,8%, un dato che assume più valore e paragonato al calo dei consumi alimentari (3,7%, dati Aiab). L’Italia è il leader del settore in Europa con il primato nell’esportazione di prodotti biologici per un giro d’affari di 3 miliardi di euro (soprattutto ortaggi, frutta, vino, olio e pasta): «Non solo. Sono tante le occasioni di cui questo il mondo agricolo ha bisogno e aspettano imprenditori capaci di coglierle. Come per esempio, la ricerca di soluzioni per ridurre i rifiuti alimentari (basta pensare che il 25% delle calori di alimenti coltivati per il consumo umano viene perduto nei rifiuti delle nostre cucine). Come idee per aiutare le persone a cambiare dieta, ad abbassare l’eccessiva domanda di prodotti di origine animale, per razionalizzare l’uso di acqua (ed evitare sprechi), per rimettere a coltura terreni degradati. Per non parlare di quanti margini di invenzione ci possono essere legando l’agricoltura alla cultura, al turismo… Insomma, sono ampi gli spazi di manovra per chi vuole fare innovazione» sottolinea Giordano.

alex giordano

Come iniziare e formarsi?

«Ingegneri, architetti, avvocati, sono molte le storie di professionisti che hanno abbandonato il loro lavoro per aprire aziende agricole, senza avere una precedente esperienza alle spalle. Ma bisogna prima formarsi, provare a fare qualche esperienza in altre realtà agricole nel settore in cui sei interessato per cercare di capire cosa significa gestire un’attività agricola. Poi c’è una qualifica di imprenditore agricolo che è necessario conseguire. Coldiretti organizza corsi ad hoc in tutta Italia. Durano 100 ore, il prezzo cambia da regione a regione. Chi vuole informarsi sui corsi disponibili può contattare uno dei loro consulenti (http://giovanimpresa.coldiretti.it/servizi/formazione/)» consiglia Gardoni.

E la burocrazia?

«Tre sono i passaggi fondamentali: apertura di una Partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate, iscrizione al Registro delle imprese, sezione speciale Agricoltura, presso la competente Camera di Commercio e iscrizione e dichiarazione presso l’Inps» sottolinea Gardoni.

Dove trovare terra e i soldi?

«L’accesso alla terra e al credito sono gli scogli più grandi per chi vuole investire. La conformazione del Paese, la cementificazione hanno diminuito la disponibilità di terreni messi a coltura, ma qualcosa sta cambiando. Due le più recenti manovre che mirano a sostenere i giovani agricoltori: il decreto Terre vive che ha messo all’asta o all’affitto online 5.550 ettari di terreni di proprietà dello Stato http://bit.ly/1FcnExw. E Campo libero, una serie di misure e agevolazioni destinate ai giovani agricoltori under 35 (tra cui una detrazione per affitto dei terreni del 19%, incentivi all’assunzione con sgravio di 1/3 della retribuzione lorda, http://bit.ly/1E8OSB4). Sull’onda del decreto diverse regione hanno creato delle banche della terra, mappando i territori di proprietà pubblica per destinarle ai giovani. Resta però il problema dei soldi: CreditAgriItalia (http://www.creditagri.com/) mette a disposizione ogni anno 100milioni di euro per finanziare giovani progetti imprenditoriali nell’acquisto della terra. Presenti il piano, il tuo progetto viene valutato, viene verificata la sostenibilità economica e ambientale, e scatta il finanziamento. La cifra stanziata dipende dalla tipologia del progetto. Oggi grazie alla multifunzionalità, si può fare business anche con tre ettari di terreno. Il valore della terra dipende da tante variabili (se in montagna, pianura). Per partire serve una cifra vicina ai 50mila euro» conclude Gardoni.

Come innovare?

Non serve necessariamente un’idea hi-tech. Come dimostra la storia di Letizia Marcenò, 26enne, che ha ideato a Palermo, un bananeto, approfittando dei cambiamenti climatici. E oggi produce in loco il frutto che in Italia arriva esclusivamente dall’estero: «Tutto è iniziato con il mio bisnonno che di ritorno da un viaggio in America ha portato una pianta di banana dall’America. L’abbiamo piantata nella nostra azienda agricola che si occupa da generazioni della vendita di nespole e agrumi. Mio padre ha continuato a coltivare banane ma le mangiavamo solo in famiglia. Quando ho preso in mano le redini dell’azienda, ho pensato che potevamo aumentare la produzione di banane e venderle. I cambiamenti climatici avvenuti negli anni permettevano la coltivazione del frutto. Ho fatto un’indagine di mercato: non c’era nessuno che lo faceva in Italia e allora ho iniziato a venderle a km zero». Oggi l’azienda ha un impianto di 600 piante, produce 500 caschi di banane a settimane a 2 euro e 50 al chilo: «Innovazione è sinonimo di esperienza, a un giovane consiglio di mettersi in contatto con uno zio, un nonno, un amico di famiglia che ha una terra, prendere spunto dalle sue storie, capire come sfruttare il terreno, dove non si è ancora agito. E poi puntare su una produzione di qualità: è questa la strada per fare innovazione» racconta Marcenò.

letizia marcenò foto

Un consiglio ai giovani che vogliono provare?

«Tornate alla terra per risolvere un problema della vostra comunità. Non è importante solo investire, ma anche riuscire a misurare gli impatti ambientali e sociali del business. Per riuscire ci vuole pazienza e tempo. Non esistono acceleratori sul modello della Silicon Valley, bensì rallentatori: un business agricolo per funzionare ha bisogno di tempo, quello necessario per radicarsi presso le comunità con cui vi relazionate. Che vantaggi offrite loro? Come miglioriate la loro vita? Queste sono le domande da farsi prima di iniziare» conclude Giordano.

Vuoi saperne di più? Leggi l’inchiesta pubblicata su Millionaire di marzo 2015

Giancarlo Donadio

(Fonte foto immagine in evidenza, WWOOF, https://www.facebook.com/WWOOF)

 

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