Costruisci un’impresa con una T-Shirt

Di
Redazione Millionaire
24 Agosto 2012

Si può iniziare con 1.000 euro come con 100mila. Si può avviare un’impresa vera e propria oppure si possono produrre solo 10 T-shirt, farle girare e vedere come va. Il business si presta a mille declinazioni

Intraprendere nel mondo delle T-shirt è sempre possibile. Anche in momenti economici non troppo favorevoli come quello che stiamo vivendo. Per questo Millionaire torna sul business più amato dai suoi lettori. «Per i giovani stilisti è il mezzo più facile per farsi conoscere, ma chiunque, anche senza grandi competenze tecniche può farlo» afferma Barbara Trebitsch (www.trebitsch.it), direttore dei corsi di master in Fashion Design della Domus Academy di Milano (www.domusacademy.it), partita dalle T-shirt per realizzare un’intera linea di abbigliamento.

«La T-shirt è la forma basica del vestire occidentale. Quando si è affermata nella moda, tutti i brand ne hanno intuito le enormi potenzialità commerciali: non ha problemi di taglia né di stagionalità (si vende tutto l’anno), è realizzata in un materiale confortevole, il jersey, ed è il capo più facile da personalizzare perché si presta bene alla stampa»

Tutti possono diventare imprenditori con una T-shirt, anche chi non ha un background di design.

Se hai un budget basso, punta sulla grafica

«Volevo realizzare T-shirt un po’ fashion, che rappresentassero il mio gusto personale» racconta Candy Bokungu, 26 anni, italiana nata da genitori congolesi, studentessa della Domus Academy di Milano (ndykabo.blogspot.com).

Non avevo i soldi per farlo. Per contenere i costi ho rinunciato al materiale e alla forma e ho puntato tutto sulla grafica. Ho trovato online un fornitore di T-shirt di cotone basico, di taglio maschile, e le ho fatte stampare con i miei disegni: si chiamano World puppets e sono personaggi il cui corpo è formato da bandiere di tanti Paesi diversi, che si uniscono in un abbraccio simbolico. Il messaggio è l’abbattimento delle barriere tra i popoli. Ho presentato le mie T-shirt l’anno scorso al Fuorisalone di Milano. Alcune delle stampe sono diventate quadri che sono stati venduti in una galleria online.

Stampi tu o stampo io? Facciamo due conti

Dove trovare le T-shirt in tinta unita e farle stampare? In Italia tanti sono i fornitori che realizzano stampe personalizzate, anche su piccoli quantitativi. La ricerca può partire da Internet, molti dei siti offrono anche preventivi online. Spiega Francesco Fiorito, titolare di Pubblicarrello (www.pubblicarrello.com):

La stampa serigrafica è quella con una superiore resistenza ai lavaggi e la più utilizzata nel settore moda, ma su piccole quantità risulta meno conveniente. Per stampare in serigrafia, infatti, occorre produrre i cosiddetti “impianti di stampa”, che costano circa 25 euro per ogni colore che si decide di usare, e questo ovviamente incide sul costo unitario delle magliette. Per piccole tirature la stampa più consigliata è quella digitale, quella cioè in cui i disegni vengono prima stampati su una pellicola sottilissima e poi fusi nel tessuto.

Le facce della personalizzazione

«Per distinguersi dalla concorrenza occorre puntare sulla personalizzazione: le idee che verranno fuori potrebbero essere fantastiche» afferma Barbara Trebitsch.

«Personalizzare significa apporre sui prodotti scritte e colori a scelta del cliente, ma anche progettare una costruzione nuova, una stampa o una decorazione particolare»

Così, nascono aziende come Strange fish (www.strange-fish.com), fondata da tre ragazzi pugliesi, cui si invia una foto e si riceve a domicilio per 29 euro una T-shirt con il disegno della propria immagine a fumetto, oppure come Colorised che offre pochi modelli di T-shirt sui quali il cliente appone una scritta a piacere. «Abbiamo creato un modello di T-shirt diverso rispetto alla classica forma a T: si chiama Ki-mono, ha un taglio asimmetrico e una banda laterale che è possibile personalizzare con una scritta, attraverso un tool presente nel sito» spiegano Silvia Fossati e Massimo Mòllica, fiorentini, 29 anni, titolari di Colorised. I due ragazzi hanno un ufficio e un piccolo magazzino a Firenze, e i loro fornitori sono tutti in loco, nella zona di Prato. «Acquistiamo piccoli quantitativi di T-shirt e li stampiamo quando ci arrivano gli ordini. Gli affari vanno bene, anche grazie all’interesse di aziende e associazioni che si rivolgono a noi per realizzare T-shirt per eventi particolari o da regalare ai clienti. Non ce lo aspettavamo, dato il prezzo relativamente elevato delle nostre T-shirt (da 38 euro). Oggi, a due anni dalla startup, siamo rientrati dall’investimento iniziale».

Punta su una nicchia

Dalla personalizzazione alle T-shirt preziose. C’è anche chi fa della decorazione il suo punto di forza. «La T-shirt per noi è come un quadro, che ha Milano come motivo di ispirazione» spiegano Silvia Altini e Francesca Colombo, 29 anni, ideatrici di www.pour-toi.it

Come funziona? «Realizziamo i disegni a mano su carta, poi li coloriamo con l’utilizzo di pastelli a cera, a olio o pennarelli. Infine li stampiamo sulle T-shirt con l’utilizzo di una pressa a caldo. I modelli di T-shirt li progettiamo noi e li facciamo realizzare da piccoli laboratori locali. Ci stiamo facendo conoscere con il passaparola. I prezzi vanno da 95 a 165 euro, ma anche i costi di produzione sono alti, da 35 a 60 euro».

Distribuisci sul Web

Il vero nodo per chi vuole intraprendere è costituito dalla distribuzione. «Se si vive in una grande città, è più facile farsi conoscere prendendo contatti con i negozi  dove vendere le proprie creazioni» continua la Trebitsch. «Tuttavia, non è il negozio la forma più efficace per distribuire le T-shirt, perché sempre meno persone vi entrano. Il modo migliore per farsi conoscere rimane il Web. Si può aprire un blog, una pagina su Facebook o un sito. Si può vendere le proprie T-shirt, senza la necessità di costituire subito un’impresa, su siti come www.merchline.com o www.tshirtstoreonline.com». Un’altra possibilità è aprire un negozio online a costo zero utilizzando Spreadshirt (www.spreadshirt.it). Il sito dà la possibilità di scegliere modelli e colori delle T-shirt, decidere che tipo di motivo stampare e scegliere la commissione che andrà a Spreadshirt.

«Cominciate a farvi conoscere con una piccola collezione, trovate i fornitori di magliette e stampe, promuovetevi sul Web. Se le vostre T-shirt piacciono, a quel punto fate la startup»

conclude Trebitsch.

I costi di una piccola produzione

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  • da 8 a 10 euro, il costo di una produzione di 20 T-shirt con stampa serigrafica a due colori
  • da 3 a 5 euro, il costo delle T-shirt se ne verranno prodotte 100
  • 4mila euro, il costo per una macchina Flex e Flock, che stampa scritte adesive
  • 15mila euro, quanto può costare una macchina per la stampa serigrafica

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Sono un “figlio di papà” ma mi impegno al 100%

Disegna i capi, tiene i rapporti con i fornitori, controlla la qualità. Gabriele Moratti, 33 anni, figlio dell’ex sindaco di Milano Letizia Moratti, lavorava in una banca d’affari ma pensava alla moda. Così, con l’amico Daniele Sirtori, fonda Redemption Choppers e vende online le sue T-shirt.

Come è nata l’idea?

Ci siamo ispirati al mondo delle sottoculture degli anni 70, quello della musica di Janis Joplin e dei Led Zeppelin. Ma abbiamo anche una passione per le motociclette. Volevamo delle T-shirt che sembrassero tatuaggi, e per realizzare i disegni ci siamo affidati a tatuatori famosi. Abbiamo chiesto loro di disegnare delle ali, perché quando si va in moto si immagina di volare.

Quali le difficoltà?

Il difficile è venuto quando è stato il momento di cercare i fornitori di tessuti, perché la ricerca di materiali è molto difficile ai non “addetti ai lavori”. Alla fine, siamo riusciti a trovare un tessuto molto bello. Le T-shirt costano 60 euro, ma il 50% dei ricavi delle vendite va a un ente di beneficenza.

È più facile per un figlio di papà?

Sì, lo è, perché mi fa dormire più sereno la notte. Ma non significa che i fornitori riservino a me condizioni più favorevoli che ad altri clienti. O che non metta il 100% in un progetto. Non voglio essere un marchio che nasce e muore nel giro di poco tempo. Abbiamo affrontato il costo vivo dei materiali, del sito e della promozione (che si riduce alle foto che abbiamo messo sul sito), ma ancora non facciamo pubblicità né abbiamo degli uffici.

INFO: www.redemption-choppers.com

«Ho inventato la T-shirt bio, ora cerco investitori»

Filippo De Martin, 38 anni, industrial designer di Vicenza, ha inventato una T-shirt usa e getta. «L’idea mi è venuta mentre ero in vacanza con i miei figli: dopo l’ennesima macchia mi sono chiesto come sarebbe stato avere una T-shirt da utilizzare e poi buttare via, come i fazzolettini di carta. La ricerca si è orientata verso fibre biodegradabili: la cellulosa ricavata dal legno e l’amido di mais». Tre anni di lavoro insieme a due soci (Nicola Monti, ingegnere tessile, e Lupo Rossi, titolare di un’azienda di abbigliamento), 300mila euro di autofinanziamento per la ricerca. Infine il risultato: un “non tessuto”, cioè un materiale ottenuto dall’intreccio delle fibre. De Martin fonda la Wear & Toss e deposita i brevetti per la sua invenzione. «Abbiamo realizzato i prototipi delle nostre T-shirt e fatto un piano industriale. Ora cerchiamo un investitore che possa lanciare il prodotto e produrlo. L’investimento ammonta intorno a 30 milioni di euro. «Ho automatizzato la fase di confezione delle T-shirt utilizzando tecniche che arrivano dalla cartotecnica: lo scopo è arrivare a produrre 80-100 capi al minuto, in modo da vendere le T-shirt a non più di due euro».

INFO: www.wearetoss.com

Due lezioni dagli Usa

Crea una community e fai business

Nel 2000 lo studente americano Jake Nickell partecipa a un concorso online per disegnare una T-shirt. Lo vince e conosce Jacob de Hart, un altro partecipante. Decidono di organizzare un contest, in cui però la maglietta vincitrice può essere realizzata e venduta. Nasce così Threadless, la più grande community del mondo di artisti che disegnano T-shirt. Chiunque può proporre il proprio disegno sul sito, dove è disponibile un template con tutte le dritte. Le idee sono votate dalla community, e quelle che ricevono più voti sono vendute sul sito a 18 dollari. Gli artisti “vincitori” (più di 300 all’anno) guadagnano 2mila dollari in contanti, un buono da 500 dollari per l’acquisto di T-shirt e 500 dollari ogni volta che si procede a una ristampa delle loro magliette. Threadless è stata fondata con 1.000 dollari e non ha mai fatto pubblicità, non si serve di designer professionisti e non ha una forza vendita né una distribuzione retail. Inoltre le sue T-shirt si vendono sempre perché è la stessa community a decidere quali produrre. Nel 2010 è stato pubblicato un libro, che ne ha celebrato 10 anni di attività.

INFO: www.threadless.com

Il caso scuola di Johnny Cupcake

Le business school americane se lo contendono per le sue lezioni su “come lanciare un’impresa con pochissimi soldi”. Businessweek lo ha nominato nel 2008 “il n. 1 dei giovani imprenditori”. Johnny Earle, 30 anni, è il fondatore del marchio di T-shirt multimilionario Johnny Cupcake (nel 2009 fatturava 4,5 milioni di dollari). Negli Stati Uniti è caso da manuale ma nel 2000, quando la sua storia imprenditoriale ha inizio, era un ragazzo qualunque. «Ho frequentato il college solo per pochi giorni e ho capito che non faceva per me. Così mi sono messo a lavorare come commesso in un negozio di musica a Boston. Un mio collega ha cominciato a chiamarmi “Johnny Cupcake” (il cupcake è una torta in miniatura), così un giorno ho disegnato un cupcake, l’ho stampato su una T-shirt e ho cominciato a indossarla al lavoro. Un sacco di gente mi chiedeva informazioni sulla maglietta e voleva che gliene procurassi una. Ne ho stampate altre, le vendevo sul cofano della mia Toyota. Ognuna mi costava 4 dollari, le rivendevo a 8». Johnny ha un gruppo musicale, vende le sue T-shirt a ogni concerto, ma anche i negozi cominciano a richiedergliele. Crea nuovi disegni, ma il cupcake rimane un elemento fisso: la Statua della libertà che innalza un cupcake, Marilyn Monroe con un neo a forma di cupcake, un cupcake con sotto le ossa incrociate (che diventerà il suo marchio). Poi si iscrive a un sito di vendita di T-shirt, il costo sale a 7 dollari, il prezzo 20. Johnny decide di lasciare il lavoro e avviare la sua azienda: nel 2002 apre il suo sito di e-commerce. Nel 2003 le sue spese di startup ammontano a 6.700 dollari, nel 2004 il primo negozio è in un garage della sua città, nel 2006 nella via più chic di Boston, poi a Los Angeles e l’anno scorso Londra. Oggi le sue T-shirt costano da 35 a 75 dollari.

INFO: www.johnnycupcakes.com

Tiziana Tripepi, Millionaire 02/2012

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