Da zero a milionario. Jay-Z, rapper imprenditore punta sullo streaming

Di
Redazione Millionaire
1 Aprile 2015

Jay-Z sceglie lo streaming e lancia la sua sfida a Spotify. Il rapper e imprenditore americano che ha costruito (tra case discografiche, dischi, locali, brand di moda…) un impero da 475 milioni di dollari, compra Tidal, servizio di musica in streaming. Lo ha lanciato in conferenza stampa a New York contornato da grandi artisti che credono nel progetto tanto da diventarne proprietari: Madonna e la compagna del rapper, Beyoncé, sono solo alcune delle star che hanno comprato un pezzetto della startup. Tidal offre una formula di abbonamento da 10 euro al mese, ma la novità, rispetto a Spotify, sarà nelle royalty più alte che saranno garantite agli artisti. Una condizione che ha portato una cantante come Taylor Swift, ad abbracciare la nuova realtà e abbandonare Spotify. E visti anche il volume di tweet di musicisti internazionale che hanno lanciato una campagna di marketing spontanea al grido #TidalforAll, viene da pensare che molti sceglieranno di puntare sul nuovo progetto di Jay Az.

Per il rapper americano, un altro successo che si va a inserire in una vita piena di investimenti azzeccati, tanto da farlo diventare uno dei business man più interessanti del panorama mondiale. E pensare che ha costruito il suo impero dal nulla…

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Nato nel 1969, cresce nel quartiere di Bedford- Stuyvesant, a Brooklyn, che negli anni 80 è uno dei luoghi più malfamati di New York. «Nella zona delle case popolari di Marcy gli adolescenti indossavano le pistole con la stessa facilità con cui si infilavano un paio di scarpe da ginnastica» racconta Jay-Z nella sua autobiografia Decoded (2010, Random House). La situazione di Jay-Z non è migliore delle altre: il padre ha lasciato moglie e figli quando aveva 10 anni e lui, che pure è un ragazzino intelligente, inizia ad andar male a scuola. Nelle stesse strade dove Jay- Z si aggira, tra risse e coltelli cominciano a serpeggiare i primi rap. «Sentivo questi ritmi e ne ero entusiasta, tutta la mia generazione si riconosceva in questo stile e in questi suoni» ricorda Jay-Z. Mentre un amico gli insegna a fare le rime, un altro lo introduce al mercato della droga. Jay-Z lascia la scuola e diventa spacciatore. «Avevo 15 anni, la mia vita era comunque a rischio. Tanto valeva essere pagati per questo». Inizia a guadagnare 12mila dollari alla settimana, intanto compone canzoni e fa i primi spettacoli. A 19 anni partecipa a un tour del rapper Big Daddy Kane, a 23 appare in un remix grazie all’amicizia con il dj Clark Kent. Poi la svolta. Jay-Z vede ogni giorno la morte in faccia e si convince che non può fare questo lavoro per tutta la vita.

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L’occasione per fare musica gli arriva dall’incontro con un giovane imprenditore, Damon Dash. Ma quando si presentano dalle major con il primo disco, Reasonable doubts, nessuno li vuole pubblicare. Così mettono insieme le loro risorse e fondano un’etichetta. Si chiamerà Roc A Fella per ricordare Rockfeller, il primo miliardario del mondo. Iniziano a stampare dischi, cd, magliette, adesivi. Li vendono sui cofani delle macchine, agli angoli delle strade, usando le tattiche che Jay-Z usava per vendere droga. Nel 1996 la Def Jam, casa discografica storica dell’hip hop, acquista il 33% della Roc A Fella per 1,5 milioni di dollari. Jay-Z inizia a vendere. Anche il suo secondo disco, In my lifetime, è disco di platino. Al terzo album la sua carriera esplode: Hard Knock Life vende cinque milioni di copie solo negli Usa. I due puntano a espandersi. Nel 1999 creano una linea di abbigliamento “urban”, che si chiamerà Rocawear.

Iniziano a produrre T-shirt con il logo con tre macchine da cucire poste nel retro degli studi di registrazione. Poi trovano dei terzisti grazie ai quali producono jeans e felpe, in seguito anche scarpe e profumi. Dopo 18 mesi Rocawear fattura 80 milioni di dollari». Jay-Z nomina i jeans nelle sue canzoni e i terzisti che producono l’abbigliamento comprano i suoi capi. È la strategia della cross promotion.

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«Esiste un legame tra rap e imprenditorialità» spiega Anthony Frasier  fondatore di The Phat Startup, la scuola che tiene corsi che insegnano l’imprenditorialità attraverso i versi dell’hip hop. «I rapper vengono dal basso e compiono una lotta quotidiana per raggiungere la vetta. E questo è lo stesso sforzo intrapreso da chi vuole avviare un’impresa». Jay-Z infatti non perde la voglia di cominciare una nuova avventura, nemmeno dopo il sesto disco di platino. Punta a vincere l’Entertainer Basketball Classic (Ebc), un torneo di basket newyorkese diventato un simbolo della cultura rap. Si occupa di formare una squadra e lancia la S. Carter, una sneaker commercializzata insieme a un cd con estratti del suo album. Prezzo: 150 dollari. Sarà la scarpa della Reebok più venduta di tutti i tempi. «Jay-Z stava costruendo il suo brand e usava altri brand per aiutarsi in questa impresa» si legge sul New York Magazine. Le sue collaborazioni andranno da Hewlett Packard a Bacardi, da Duracell fino a Gucci che, quando esce l’autobiografia nel 2010, disegna una giacca il cui interno è foderato con le parole di Jay-Z. Nel 2004 gli offrono la poltrona di presidente della Def Jam, per rivitalizzare un’etichetta in un periodo di calo delle vendite e restrizione dei budget. Jay-Z rimpingua le casse grazie alle sue doti di talent scout: scopre Rihanna e Kanye West.

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Nel 2007 lascia questo incarico, ma qualche mese dopo stipula un contratto milionario con Live Nation, l’azienda che vende il 90% dei concerti negli stati Uniti: 10 milioni di dollari per il suo nuovo album, 25 milioni di dollari di diritti e ben 50 milioni di dollari per dar vita a una nuova etichetta discografica  si chiama Roc Nation. «Sono diventato i “Rolling Stones dell’hip hop”» dirà al New York Times. Nel 2010 acquista una quota della squadra di basket Brooklyn Nets, quota poi venduta per iniziare la carriera di procuratore sportivo. Sono suoi i 40/40, locali dislocati in varie città americane frequentati da artisti e sportivi, e lo Spotted Pig, un elegante bar nel Village di New York. Anche se Jay-Z dà l’impressione che il business sia per lui più importante del rap (I’m a hustler disguised as a rapper, Sono uno che lavora duro mascherato da rapper), molte persone che lo conoscono dicono che il suo cuore sia nella musica.

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