Il 2016 sarà l’anno del coworking. Ecco come aprirne uno in 10 step

Di
Redazione Millionaire
17 Novembre 2015

Si affittano scrivanie e rete Wi-Fi. Per un giorno, un mese, un anno. C’è spazio per aprire nuove strutture.  Il 2016 sarà l’anno della sua affermazione definitiva. Ecco perché aprirne uno e come fare in 10 step.

1. Piace, genera contatti, dà reddito

C’è spazio per chi vuole avviarne di nuovi. L’attività è socialmente utile e produttiva: dà reddito a chi l’avvia e favorisce la crescita di nuove imprese che creano lavoro e benessere. «Non è l’evoluzione dello studio associato. È la risposta a un bisogno sociale e un nuovo modello organizzativo. Permette di superare l’isolamento del lavoro a casa e genera contatti. Un coworking è la base di un hub che attira e genera imprese» racconta Raffaele Giaquinto, cofondatore di Piano C (www.pianoc.it), coworking milanese con spiccata attenzione alle donne che lavorano. Ha due anni di vita, ma convince: ha vinto il primo premio della Banca Europea per gli investimenti come miglior “Progetto di innovazione sociale” in Europa: 15mila euro e tanto prestigio. Piano C aiuta chi comincia: analisi degli obiettivi, potenzialità del business e redditività. Prospettiva? Il pareggio nei primi tre anni, guadagni dopo cinque con un budget iniziale di 100mila euro e costi tra personale affitti e utenze sui 70mila euro.

2. Come e dove aprire

Centro cittadino, con negozi e uffici attorno? Periferia, accanto a poli produttivi, laboratori artigianali, maker? Vanno bene entrambe le ubicazioni, purché raggiungibili con strade e mezzi, ma cambiano investimenti e articolazione del business. Chiediti quali sono le necessità sociali della tua zona e rispondi con spazi adeguati e servizi aggiuntivi. La collocazione nel centro storico aumenta i costi, soprattutto se si paga l’affitto di almeno 250 mq. Ma c’è un’alternativa. «Oggi, molte amministrazioni pubbliche o enti, come i Comuni e la Rete ferrovie italiane, danno in uso gratuito o a canoni ridotti spazi pubblici, immobili da rimettere in uso, per fermare il degrado cittadino e delle loro proprietà, purché si presenti un’idea di impresa sostenibile e di utilità sociale» aggiunge Giovanni Campagnoli, esperto in startup sociali e autore diRiusiamo l’Italia (Il Sole 24 ore, 24 euro). Avviare senza costi d’affitto può aiutare chi comincia. Se poi si aggiunge la possibilità di avere finanziamenti a fondo perduto o agevolazioni tramite bandi per le spese di allestimento, arredamento, avvio e tutoraggio, ecco che un coworking si può avviare con investimenti minimi. «Ma avere lo spazio solo per pochi anni è un limite per lo sviluppo del centro sul lungo periodo, quindi per una maggiore redditività. Inoltre, la vocazione sociale e l’egida comunale impongono di calmierare le tariffe del coworking» commenta Giaquinto. «Una possibilità in più è innestarlo in spazi aziendali già esistenti: una sede dove l’impresa abbia ridotto il personale o liberato spazi prima dedicati a lavorazioni o progettazioni diventate più tecnologiche».

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3. Non troppo grande, non troppo piccolo

Si può partire anche in piccolo. Il coworking Veglio, in provincia di Biella, ideato dal sindaco Marco Picchetto, offre ai locali la possibilità di fare impresa in paese. Il progetto, contro la desertificazione dei piccoli centri, ha vinto 10mila euro, il premio a un concorso della Convenzione delle Alpi. «Non aprite in meno di 200 mq. I nostri 350 mq sono già pochi, dopo due anni e mezzo dall’avvio» racconta Giaquinto di Piano C. «Paghiamo 2.500 euro al mese, affitto basso grazie alla partecipazione del locatario all’impresa. I ricavi devono essere dall’inizio di almeno 5mila-6mila euro al mese. Bisogna calcolare i costi per uno o due dipendenti e le utenze. Passati i primi due anni, è bene buttarsi sull’organizzazione di eventi, corsi, seminari che aumentano i guadagni».

 4. Configura la tua impresa

Srl? Cooperativa sociale? Fondazione? Associazione culturale? Come configurare la propria impresa? «Dipende molto dal target della clientela e dai servizi che vuoi offrire. L’associazione va bene se ti rivolgi a target disagiati e associazioni non profit. Una possibilità è avviare una cooperativa sociale. Oppure, ibrido ideale, crei una fondazione e poi, con capitali della fondazione, una Srl, che entra nel gruppo delle aziende ospitate e si occupa di business, marketing, dell’organizzazione e gestione dei servizi a pagamento» consiglia Giaquinto. In ogni caso, meglio farsi aiutare da un commercialista o da un esperto in avviamento d’impresa.

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5. Per arredo e tecnologia: 10mila euro

Gli spazi devono essere belli e confortevoli. Importanti l’uso del colore, frasi e decorazioni, che motivano e incoraggiano. Qualcuno sceglie arredi in cartone. Ma si deteriorano. Meglio usare elementi funzionali e stabili. Investimento mobili, tra scrivanie, sedute e tavoli: circa 20mila-30mila euro. Poi, strumenti di lavoro a norma: qualche pc di cortesia (i clienti si portano i propri, che lasciano sulla postazione, se la occupano per alcuni giorni, o in deposito in appositi box chiusi), stampanti in rete, che si utilizzano pagando a consumo o forfait, monitor, impianti per audio e videoconferenze. Investimenti tecno: 10mila euro. Attenzione agli impianti: fili elettrici, che non devono intralciare, connessione in fibra ottica, potenziamento del Wi-Fi con apposito router. Circa 8mila-10mila euro.

6. Definisci i prezzi delle postazioni

Stabilisci tariffe e proponi servizi aggiuntivi. Se sei in uno spazio pubblico, devi tenere i prezzi bassi. L’alveare di Roma offre coworking e spazio baby in locali del Comune e ha avuto finanziamenti pubblici e privati.

› Postazione al giorno: 20 euro, bisettimanali: 120 euro al mese, carnet da 10 ingressi: 340 euro, un anno: 2mila euro ( www.lalveare.it).

› Da Piano C, le tariffe sono le seguenti:

› Postazione al mese 200 a 250 euro,

› Un anno: da 2.000 a 2.500 euro

› Sala riunione: 25 euro l’ora

› Sala dedicata, compresi servizi e

pulizie, da 600 euro in su.

«L’affitto di una sala è utilissimo per chi vuole uno spazio in esclusiva in orari e giorni stabiliti, per corsi di formazione. Per un coworking, affittare uno spazio per lunghi periodi è più redditizio.

7. Accreditati

Molti Comuni, come quello di Milano, realizzano elenchi in cui si iscrivono i coworking. Per entrare, bisogna rispondere a precisi requisiti. Poi, però, scatta una collaborazione, che favorisce chi vuole lavorare in coworking e i coworking stessi. Per esempio, a Milano, la Camera di commercio (che ha costituito l’elenco) e il Comune hanno messo a disposizione quasi 300mila euro per il supporto a imprese e giovani Partite Iva che lavorano nei coworking accreditati. I soldi diventano voucher spendibili presso i coworking. Per info a Milano: plo.coworking@comune.milano.it.  Meglio chiedere presso i singoli Comuni

8. Ci vuole un community manager

Si chiama community manager: gestisce e cura gli spazi, conosce tutti i membri della comunità e genera connessioni, costruisce eventi e li fa conoscere, coordina i collaboratori e i professionisti che danno consulenza. È un comunicatore, ma anche un commerciale (offre prodotti, servizi e consulenza) e amministrativo. Il coworking è una startup: parte con un paio di persone, ma poi si costruisce un team stanziale con professionisti che possiedono diverse competenze. Si possono coinvolgere collaboratori e partner: c’è chi lavora gratis, in cambio di una postazione o di pubblicità.

9. Quale burocrazia

Comunicazione Unica per la nascita dell’impresa, presso la Camera di commercio, segnalazione di inizio attività al Comune (Scia), iscrizione al Registro delle imprese, apertura Partita Iva e adempimenti fiscali, iscrizione Inail. Autorizzazione per l’installazione di insegne e cartelli stradali, Valutazione del rischio e agibilità dei locali (Asl), Tari e Tasi. Attenzione: ci sono norme rigide locali per gli spazi per l’infanzia. Ma in certi Comuni il progetto può essere riconosciuto come sperimentale. In caso di grandi spazi, serve un’autorizzazione dei Vigili. INFO: Come aprire un centro coworking, incubatore, centro uffici (www.startimpresa. it, guida più software, 39 euro).

10 Promuoviti!

Riempi di gente lo spazio fisico. Studia eventi con comunità sul tuo territorio, collabora con reti sociali: i coworker cercano un centro vicino a dove abitano. Offri servizi salva tempo con negozi e agenzie del posto: lavanderie, bar, ristoranti. Crea un sito, lavora sul profilo social. La rete di contatti migliora la tua autorevolezza e dà un’immagine di affidabilità. Investimento: 5mila-10mila euro. «Siamo stati fortunati: 200 uscite stampa spontanee. I servizi per madri che lavorano e lo spazio infanzia generano curiosità» spiega Giaquinto. Se non sai far da solo, rivolgiti a un consulente, che potrai coinvolgere.

Silvia Messa

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