Startup: da zero a 1 milione con le luci intelligenti

Di
Marketing & Promotion
20 Aprile 2016

A 33 anni, Domenico Ialeggio, beneventano con esperienze di studi e lavoro in America, ha tirato su un’azienda da zero. Oggi Geolumen, società specializzata in servizi di illuminazione smart, vende in Italia e in Europa, fattura un milione di euro, ed è incubata da Rockstart, celebre incubatore olandese.

Qui raccontiamo la sua storia.

Avvocato mancato, ricercatore e poi business man

Laureato in giurisprudenza, Domenico trova lavora a Boston presso la Camera di commercio italo-americana: «Sono finito in America un po’ per caso. A Boston mi sono formato, fino a diventare analista e sviluppatore di business. Intanto, studiavo alla University of Massachusetts, un percorso di marketing e management, ma poi sono tornato per problemi familiari» racconta Domenico a Millionaire.

In Italia inizia a lavorare in un centro privato di ricerca in campo aerospaziale: «Il mio compito era individuare i settori che potevano avere un mercato per vendere i risultati del laboratorio».

Si sviluppano progetti futuristici come dei sensori wireless per far comunicare robot che sulla superficie lunare raccolgono informazioni.

«E poi sono finiti i soldi per la ricerca. E ci ritrovavamo con dei robot lunari che non avrei saputo a chi vendere. Poi ho capito che c’era una possibilità di business: i sensori che avremmo potuto applicare in altri campi».

domenico ialeggio

Come ricavare una buona idea da un mezzo flop

Domenico non si arrende, ha capito che c’è una potenzialità nei sensori che il laboratorio ha sviluppato e insieme a Corrado Ferrara, prova a ricollocare il prodotto sul mercato. Inizialmente cerca di applicare i sensori alle dighe per monitorarle e inviare informazioni online sullo stato delle strutture: «Ma era un mercato difficile, complicato approcciare clienti nel settore e abbiamo abbandonato».

Dall’Internet of things, all’Internet of lights (delle luci)

Domenico trova il settore in cui intraprendere poco meno di 10 anni fa. Il mondo dell’energia sta cambiando, c’è una maggiore attenzione al risparmio:

«L’idea era di applicare i sensori ai punti luce, della casa o in strada e creare un sistema intelligente. In cui le luci comunicano con l’utente che può spegnerle o accenderle a distanza, sapere quando c’è da cambiare una lampada con una notifica sullo smartphone, conoscere i consumi e parametri ambientali, tipo la percentuale di CO2 in una stanza, e tanto altro ancora. Le luci sono dappertutto».

Domenico e Corrado mettono i primi soldi per avviare l’azienda, poi conoscono un imprenditore (Fabrizio Cellino, ndr) che li finanzia, la cifra dell’investimento non è pubblica: «In poche chiacchiere abbiamo spiegato il progetto e le se potenzialità e lui ha deciso di investire in cambio del 20% della società».

cofounder geolumen
Corrado Ferrara

I primi successi e l’incubatore olandese

Geolumen inizia ad avere i primi profitti, assume ingegneri, operai, personale amministrativo, e inizia a vendere i suoi punti di luce smart in Italia e in Polonia, a enti pubblici, come il comune di Montechiarugolo in provincia di Parma che sceglie di installare 3mila punti luce per favorire il risparmio energetico della città: «L’anno scorso abbiamo fatturato 1 milione di euro, quest’anno puntiamo a raddoppiare».

Un altro 7% della società è nelle mani di un incubatore olandese, Rockstart, partecipano a una call per nuove idee nel settore delle energie intelligenti e vincono la selezione tra 500 startup da tutto il mondo: «Abbiamo vinto 75mila euro tra servizi e cash. Oggi stiamo sviluppando soluzioni per rendere le città più sicuri. I sensori installati nei lampioni stradali permetteranno a una persona in pericolo di toccare un tasto, essere gelocalizzati all’istante e soccorsi dalle forze dell’ordine».

«Fai le cose per bene nel minor tempo possibile»

«Si chiama impresa perché è difficile, altrimenti si sarebbe chiamata passeggiata. Il segreto per riuscire è fare le cose bene nel minor tempo possibile. E poi puntare subito sull’internazionalizzazione. Per una startup è una delle poche strategie che paga».

Giancarlo Donadio

 

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