È morto Paolo Rossi, 64 anni, il centravanti che nel 1982 guidò l’Italia alla conquista di uno storico Mondiale. Per tutti resta Pablito, l’eroe di quella meravigliosa impresa, anche se poi lui vinse ancora. In carriera, conquistò un Pallone d’oro, due Coppe dei Campioni, due scudetti e una Coppa Italia.
Toscano gentile, seppe rialzarsi dopo una squalifica per calcio scommesse e tanti infortuni. Negli ultimi anni lo ricordiamo come commentatore competente e garbato. Quello che forse non tutti sanno è che Paolo Rossi è stato anche un imprenditore di successo. Per Millionaire l’ho intervistato nel 2005, proprio a proposito di questa sua “seconda vita”.
Mi disse che aveva fatto molti più soldi e – secondo lui – ottenuto molti più successi con quell’attività che con il calcio, sebbene per tutti rimanesse sempre il Pablito del Mundial.
Io ero da un lato ammirato e dall’altro un po’ deluso. Del resto lui, già da giocatore, era stato un attento gestore del proprio personaggio e dei propri soldi. Dava l’impressione di usare il calcio come mezzo, anziché averlo come fine ultimo.
«…e il calcio?» gli chiesi allora, quasi come Cobram con Fantozzi.
«Certo, pensare di rivivere le stesse emozioni provate col calcio, questo no, non è neanche lontanamente immaginabile»
E io lo amai.
L’articolo pubblicato su Millionaire nel 2005
L’indimenticabile Pablito, tuttora simbolo del calcio italiano nel mondo, inizia prestissimo a fare l’imprenditore. Siamo fra il 1979 e il 1980, e la sua carriera di calciatore è in pieno svolgimento. Del resto Rossi è stato fra i primi ad esplorare il terreno delle sponsorizzazioni personali, denotando così spirito di iniziativa e senso degli affari. «Comprai un terreno con sei appartamenti a Vicenza. Era più che altro un modo per investire i miei primi soldini».
Poi nel 1981 si mette in società col suo compagno di squadra Salvi, che nel frattempo si è ritirato e può seguire gli affari più da vicino. La “Rosa” (dai cognomi dei due calciatori) è attiva tuttora su Vicenza e provincia, dove opera secondo una logica di “project financing”: compra terreni, redige i progetti e affida la costruzione a imprese esterne.
Più recentemente (l’idea è di due anni e mezzo fa) Paolo Rossi si lancia in una nuova avventura, avviando un’azienda agricola e un agriturismo a Bucine, in provincia di Arezzo. «Per ora produciamo olio e vino, da giugno partiremo anche con l’ospitalità». Entusiasmo? «Anche troppo! L’agricoltura un po’ ti frega: stare in campagna e produrre alimenti buoni e sani è bellissimo, ma economicamente bisogna stare attenti, gli investimenti sono ingenti e a lungo termine». Per ora la sua attività principale resta quella legata all’edilizia, ma sull’agricoltura punta molto in prospettiva futura.
Ha sempre guardato avanti, Paolo Rossi: ha avuto il coraggio di non vivere di ricordi, anche se ne aveva di meravigliosi. «Per gli sportivi molto popolari la fine della carriera è un momento difficile. Bisogna voltare subito pagina, e pensare che nella vita non c’è solo il calcio». Sì, ma il calcio? «Il calcio mi ha fatto provare emozioni che nient’altro mi potrà ridare. Ma va bene così, sono diverse fasi della vita».
Rossi ha avuto successo anche nella sua seconda fase, quella in cui ha inseguito il sogno di una vita normale. La sua ricetta è apparentemente semplice: «modestia, applicazione, volontà e un pizzico di fortuna: mi sono rimboccato le maniche e mi è andata bene». Risolto anche il rapporto col passato e col successo, una volta assai delicato: «Adesso la notorietà è diventata piacevole: la gente ti riconosce, ti saluta, e per loro sei quello di 25 anni fa. Posso aver raggiunto mille altri traguardi, posso aver guadagnato dieci volte tanto, ma tutto questo conta solo per me». Per gli altri resterà sempre Pablito.
Giuliano Pavone