daggiù pacco da giù

“Creo la startup del pacco da giù: box a sorpresa con i prodotti del Sud”

Di
Silvia Messa
26 Aprile 2021

Arnaldo Derosa ha 25 anni. Pugliese, figlio dello chef Antonio, segue la sua vocazione: l’industrial design. Per studiare, si trasferisce a Milano, si laurea allo Ied nel 2018. «A 19 anni ero già lontano da casa. Il rituale di ricevere il pacco da giù attenuava la mia nostalgia. Quando ho trovato lavoro, a Pavia, mio padre mi ha detto: sei grande, basta pacchi. L’ultimo l’ho diviso coi colleghi. Entusiasti. Mi hanno detto: lo vogliamo anche noi il pacco da giù». Da lì è nata l’idea di Daggiù, il brand, e Officine nostalgia, la startup fondata da Arnaldo nel 2019.

«Siamo operativi dal 2020. Ogni mese scegliamo un tema, il contenuto del pacco è a sorpresa. Non siamo un supermercato online, noi proponiamo un’esperienza: 6 prodotti raccontati e una ricetta, più una cartolina d’autore realizzata da artisti locali. Chi vuole una food box a sorpresa può scegliere tra 3 piani di abbonamento. “One shot” consente di ricevere il pacco una sola volta (39,90 euro), il “3 mesi” o il “6 mesi” se invece si desidera un’esperienza più immersiva (37,90, 34,90 euro). Ogni mese ci sono solo 200 pacchi a disposizione».

Come vanno gli affari?

«Bene! A Natale abbiamo venduto 100 box in edizione limitata, sold out con 10 giorni di anticipo. Siamo in 6. L’investimento è stato contenuto, alla piattaforma ho lavorato io e un ragazzo (2.000 euro). Ho progettato un packaging totalmente plastic free, con chip di mais compostabile, cartone riciclato. Facciamo una sola spedizione al mese, per limitare le emissioni di CO2».

Chi sono i vostri clienti?

«Un target medio-alto, dalla Toscana in su, dai 25 ai 40 anni. I prodotti sono ricercati, per “terroni nostalgici” o “polentoni gourmet”».

La pandemia vi ha favorito?

«Il blocco ha inciso negativamente su tanti piccoli produttori locali che non potevano lavorare, ma li ha convinti che la strada dell’online è giusta, con un progetto che li valorizza. Ora, ogni mese le richieste ai produttori aumentano del 10%».

Come vi fate conoscere?

«Abbiamo investito in Pr e ufficio stampa. Era necessario, perché il nostro è un progetto di nicchia, ma ha le potenzialità per raccontare il Sud. Il cibo in realtà è un veicolo di un progetto culturale. Vogliamo sostenere e supportare i produttori del Sud, aiutandoli a farsi conoscere oltre i propri confini».

Difficoltà?

«Burocratiche, no. Invece, per trovare le persone giuste per sviluppare l’impresa ci ho messo 2 anni. La logistica è cruciale. Al momento ci appoggiamo a Tnt, ma siamo in perenne contrattazione. Le spedizioni sono uno dei costi maggiori. Lo spedizioniere deve trattare le confezioni come si deve. Basta un’ammaccatura e l’effetto box è rovinato».

Tratto dall’articolo “Il pacco da giù (un nuovo business)” pubblicato su Millionaire di febbraio 2021. 

pacco da giù business
L’apertura dell’articolo pubblicato su Millionaire di febbraio 2021.
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