Secondo una statistica elaborata da Infocamere-Unioncamere, dal 2019 a oggi sono scomparse circa 36 mila imprese con amministratori o soci in età compresa entro i 35 anni. In soli tre anni, la presenza di imprese giovanili (tra i 18 e i 35 anni) è calata del -6,6%, mentre dal 2011 si è riscontrato un calo di circa 185 mila imprese.
In particolare, tra il 2019 e il 2020 si è mostrato un calo circa 20 mila imprese, mentre – dopo un sostanziale congelamento dovuto alla prima ondata di Covid – questo spopolamento ha riguardato poco meno di 13 mila realtà imprenditoriali (12.792 per la precisione). Il fenomeno non soltanto è un effetto della pandemia, ma sembra avere radici molto più profonde. Secondo i dati raccolti dal Sole 24 Ore, il declino dell’imprenditorialità giovanile è in corso da almeno un decennio. Basti pensare infatti che al 2011, le imprese under 35 erano circa 697 mila, mentre al 30 settembre 2022 ammontavano a sole 512 mila.
Le cause e le misure
Alla base di questi dati c’è il calo della propensione all’autoimprenditorialità dei giovani a causa di bollette e costi fissi sempre più alti. Secondo i dati, circa il 25% delle imprese giovanili operano nel commercio, settore che tra il 2011 e il 2020 ha registrato uno dei cali più significativi nel numero di imprese under 35 (-25%): “quello del commercio, è un settore in cui le aggregazioni e la presenza di piattaforme globali, hanno creato vantaggi competitivi insuperabili per un giovane che entra nel mercato”, spiega Andrea Colzani, presidente dei Giovani imprenditori di Confcommercio. In questo caso, la pandemia ha giocato un ruolo fondamentale: spingendo i più piccoli a usare il web per crescere, ha innescato nei giovani una visione pro-tecnologia portandoli a intercettare i nuovi trend. C’è ancora speranza e a confermalo sono anche le iniziative messe in campo dal Governo per rendere più snelle le nuove aperture. Tra le novità approvate a fine 2022, troviamo il via libera all’apertura delle Srl semplificate tramite videocall, sulla nuova piattaforma dei notai.
Sono diversi gli incentivi attualmente rivolti ai giovani imprenditori. Tra questi troviamo le misure gestite da Invitalia come il Resto al Sud e On-Nuove imprese a tasso zero. La prima è una misura nata per sostenere l’autoimprenditorialità nel Mezzogiorno. Con un contributo al 50% fondo perduto e al 50% finanziamento bancario a tasso zero, Invitalia intende valorizzare le competenze degli under 56, aiutandoli a diventare imprenditori nella loro terra d’origine. Per quanto riguarda il secondo invece, si intende dare spazio ai giovani e donne di tutta Italia, attraverso un mix di finanziamento a tasso zero e fondo perduto, per progetti di impresa fino a 3 milioni di euro. Dal lancio, sono state presentate oltre 4 mila richieste e ne sono state finanziate già 500. Inoltre, negli ultimi anni sono stati intensificati da parte di Invitalia, tutte le attività di orientamento ed educazione imprenditoriale presso scuole, università, incubatori e altri luoghi di innovazione.
La top 5 negativa delle province con un calo più elevato
A livello geografico, gli imprenditori under 35 scarseggiano in tutta Italia. Il calo però, si concentra maggiormente in alcune aree del Paese, principalmente al centro-sud. Tra le cinque province con la perdita più marcata, troviamo Macerata sul podio, con una perdita del –19,6% nel triennio, seguita da Isernia e Campobasso con un calo rispettivamente del –15,8% e del 15,7%. In questa top 5 negativa troviamo anche le Marche, con una perdita registrata del –33% nel decennio che va dal 2011 al 2020 e Rovigo, territorio che registra una particolare difficoltà anche sul piano demografico. A giocare sporco in alcune località, si aggiunge anche il calo dei residenti e le fughe all’estero, di cui Rovigo è seconda solo dietro a Mantova.
In controtendenza, non mancano però province più dinamiche come: Bolzano, Trieste, Piacenza, Monza e Brianza e Torino, che hanno registrato invece un netto aumento delle imprese nelle “mani” degli under 35.