WeWork, un tempo il pioniere dell’economia dei co-working, si trova ora sull’orlo del fallimento. Fondato nel 2010 da Adam Neumann e Miguel McKelvey, WeWork è cresciuto rapidamente, sfruttando l’onda dell’economia gig e la crescente domanda di spazi di lavoro flessibili. La sua valutazione è schizzata a 47 miliardi di dollari nel 2019, ma da allora, la società ha affrontato numerose vicissitudini. Dopo un tentativo fallito di quotazione in borsa e varie polemiche, tra cui quelle riguardanti la gestione di Neumann, la valutazione di WeWork è precipitata.
Ora, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal il 31 ottobre 2023, la società potrebbe presentare istanza di fallimento già la prossima settimana. Il crollo delle azioni del gruppo, che hanno perso il 96% del loro valore dall’inizio dell’anno, testimonia la gravità della situazione. Il mancato pagamento degli interessi dovuti ai suoi obbligazionisti il 2 ottobre ha scatenato ulteriori preoccupazioni, avviando un periodo di grazia di 30 giorni. Nonostante un’estensione di ulteriori sette giorni per negoziare con le parti interessate, la spada di Damocle di un evento di default pende minacciosa.
WeWork, con 777 sedi in 39 Paesi e ingenti affitti da pagare nei prossimi anni, si trova a corto di liquidità. Il bruciante consumo di 530 milioni di dollari nei primi sei mesi del 2023 e i soli 205 milioni di dollari di liquidità in cassa a giugno non promettono nulla di buono. Questo probabile ricorso al Chapter 11 nel New Jersey segna un punto di svolta tragico per un’azienda che una volta rappresentava la promessa dell’innovazione nel settore immobiliare. WeWork, nonostante il rifiuto di commentare quelle che definisce “speculazioni”, si trova in una posizione precaria, con un futuro incerto e un percorso di ristrutturazione che si prospetta impervio.