Come riporta in un recente articolo il Financial Times, le piattaforme di ricerca lavoro per freelancer, che durante la Pandemia erano letteralmente esplose, stanno ora riposizionandosi di corsa con un nuovo focus sulla redditività. La crescita rallenta, mentre i lavoratori ‘migrano’ di nuovo verso gli uffici dove sono stati richiamati.
Inoltre, al di là del sogno di indipendenza ormai un po’ infranto per molti, il lavoro da freelance (in Italia si direbbe delle Partite Iva) si dimostra in tutta la sua complessità: poche certezze, lavoro più libero e flessibile, si, ma anche molto più stressante e molta, molta, instabilità.
Il segnale arriva da due dati molto concreti: gli investimenti dei VC in business simili e il numero di transazioni effettivamente completate.
I più grandi siti di freelancing digitale al mondo, Fiverr e Upwork, sono entrambi scambiati a meno di un quinto dei loro picchi pandemici. Nel frattempo, gli investimenti dei VC per le aziende di reclutamento e outsourcing digitali è diminuito di oltre due terzi dal 2022, secondo i dati di PitchBook.
Micha Kaufman, CEO di Fiverr, chiosa: “Se si guarda avanti, si vedrà una crescita più lenta”.
Fiverr e Upwork (che da soli capitalizzano circa 2 miliardi di dollari), che offrono marketplace online per tutto, dai ghostwriter agli assistenti virtuali e agli sviluppatori software, si stanno impegnando a dimostrare la redditività agli investitori. Redditività che è tutta da dimostrare con i volumi calati e un business model che potrebbe non reggere a lungo termine.
Entrambi i siti hanno promosso sempre di più servizi basati su abbonamento e posizionamenti premium, portando Fiverr a registrare un “take rate” record del 33% nei tre mesi fino a giugno. Il tasso di Upwork era del 18%, anch’esso un record per l’azienda.
“Queste erano aziende che puntavano alla crescita a tutti i costi durante la pandemia,” ha dichiarato al FT Bernie McTernan, analista di Needham & Company. “Ora, con il rallentamento della crescita, si sono davvero concentrate sul miglioramento dei margini”.
Ora puntano a clienti di fascia alta e progetti più grandi, con nuove funzionalità volte a favorire relazioni a lungo termine con i clienti aziendali.
Fiverr ha lanciato a luglio una nuova opzione di pagamento orario, oltre al precedente sistema di pagamento basato su task, per consentire ai fornitori con un abbonamento premium di “affrontare progetti più grandi, a lungo termine e continuativi”. L’azienda ha affermato che le sue nuove funzionalità fanno parte di una transizione da un “marketplace basato sui servizi a una piattaforma di assunzione”. Transizione che in Europa probabilmente si scontrerebbe con non pochi vincoli e complessità legislative, per ora non negli USA.
Upwork sta spingendo per promuovere nuovi “servizi a valore aggiunto” e programmi di abbonamento, inclusa l’accessibilità al suo chatbot di intelligenza artificiale, con l’obiettivo di raggiungere un margine di profitto del 35% entro il 2029.
Ma nonostante lo scorso anno abbiano registrato i loro primi profitti netti da quando sono diventate pubbliche, le azioni di Fiverr e Upwork rimangono in forte e costante calo.
Gli investimenti dei VC per le aziende di reclutamento e outsourcing digitali è più che triplicato tra il 2020 e il 2021, secondo PitchBook, per poi tornare sotto i livelli pre-pandemia nel 2023.
L’ascesa dell’IA ha anche spaventato alcuni investitori, che credono che strumenti come ChatGPT possano sottrarre lavoro ai freelance e colpire i ricavi di piattaforme come Fiverr, Upwork e forse altre piattaforme di recruiting anche per dipendenti.
L’IA, almeno per ora, sta aiutando ad espandere le attività di queste piattaforme. Upwork sta ricevendo un afflusso di richieste per freelance che aggiungano “il tocco umano” sui risultati generati dall’IA che “non sono ancora pronti per il grande pubblico”. L’IA sta, almeno per il momento, sostituendo solo “lavori piccoli e a basso costo”.
Le piattaforme di lavoro online stanno ancora competendo con le tradizionali agenzie di e il crescente ritorno dei lavoratori in ufficio.
Kaufmann rileva “È difficile cambiare la mentalità delle persone. Il lavoro è solo uno di quei sistemi molto antichi che è difficile cambiare” e se a dirlo c’è chi ha costruito un modello che doveva essere disruptive per come le aziende e i lavoratori si confrontano… c’è molto da riflettere.
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