Italia sulle spalle di pochi: il 45% non paga tasse.

Di
Matteo Cerri
30 Ottobre 2024

“Eat the rich”  è un’espressione che simboleggia il conflitto di classe o una richiesta di redistribuzione della ricchezza. Viene attribuita al filosofo politico Jean-Jacques Rousseau ed è basata su una citazione divenuta popolare durante la Rivoluzione francese: “Quando i poveri non avranno più nulla da mangiare, mangeranno i ricchi!”

I dati IRPEF però ci dicono che i ricchi in Italia sono veramente pochi e quelli (il 15%) che guadagnano sopra i 35.000 euro (che risulta difficile definire come ‘ricchi’) pagano per il 75%. Enorme la fetta di chi non dichiara nulla o, pur facendo la dichiarazione, non paga un euro.

 

L’Osservatorio sulle entrate fiscali e il finanziamento del welfare, realizzato dal centro studi Itinerari Previdenziali e presentato alla Camera dei Deputati, dipinge un quadro complesso e preoccupante delle finanze pubbliche italiane e della distribuzione fiscale nel Paese. Nonostante un aumento del gettito IRPEF del 6,3% rispetto all’anno precedente, che ha portato a un totale di 189,31 miliardi di euro, emerge una profonda disparità nel contributo fiscale tra le diverse fasce di reddito e una percentuale consistente di cittadini a carico della collettività. In particolare, si evidenzia che ben il 45,16% degli italiani non dichiara alcun reddito, risultando quindi totalmente o parzialmente a carico di altri.

 

I numeri del gettito IRPEF
Nel 2022, il totale dei redditi dichiarati ha raggiunto i 970 miliardi di euro, con un numero di dichiaranti pari a oltre 42 milioni di persone, superando anche il picco registrato nel 2008. Tuttavia, sono solo 32,3 milioni i contribuenti che versano effettivamente almeno un euro di IRPEF, il che implica che una larga parte della popolazione vive senza reddito, spesso per ragioni che spaziano dall’assistenzialismo all’economia sommersa.

La distribuzione del gettito IRPEF appare altrettanto squilibrata: il 75,57% dell’IRPEF viene pagato dal 15,26% dei contribuenti, con un impatto elevato per coloro che dichiarano più di 35.000 euro annui. A dimostrazione di un carico fiscale fortemente sbilanciato, i contribuenti con redditi superiori ai 55.000 euro (circa il 5% del totale) si fanno carico del 42% del totale IRPEF. A fronte di questa pesante contribuzione, spesso non ricevono proporzionalmente servizi pubblici o agevolazioni fiscali, e anzi sono ulteriormente penalizzati da limiti alle detrazioni.

 

Le fasce di reddito e il peso fiscale
I dati dell’Osservatorio permettono di analizzare più nel dettaglio come si distribuisce il peso fiscale per fasce di reddito:
– Chi guadagna fino a 7.500 euro, circa il 22% dei contribuenti, versa in media solo 20 euro di IRPEF annui.
– La fascia tra 7.500 e 15.000 euro, che comprende il 18% dei contribuenti, paga una media di 294 euro.
– Tra 20.000 e 29.000 euro di reddito annuo, 9,5 milioni di contribuenti pagano in media 3.612 euro.
– Solo i redditi superiori ai 55.000 euro arrivano a un’imposta media annua di circa 20.954 euro, mentre chi supera i 100.000 euro paga anche fino a 250.000 euro di imposte.

Questa distribuzione evidenzia come l’onere fiscale maggiore ricada su una ristretta fetta della popolazione, mentre la maggior parte dei contribuenti con redditi bassi o nulli contribuisca in misura minima o nulla.

 

Critiche e proposte di riforma
Le criticità espresse dall’Osservatorio Itinerari Previdenziali e da CIDA (Confederazione Italiana Dirigenti e Alte Professionalità) riguardano la sostenibilità di questo modello fiscale, definito troppo dipendente da un ristretto numero di contribuenti. I dati, infatti, sottolineano come il sistema attuale appesantisca i redditi medio-alti, senza tuttavia garantire un ritorno in termini di servizi o agevolazioni. Stefano Cuzzilla, presidente di CIDA, ha evidenziato come questa pressione fiscale crescente scoraggi il risparmio e l’investimento, sottolineando che “chi guadagna dai 55.000 euro in su si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio”.

Il presidente di Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, ha ribadito l’importanza di contrastare l’economia sommersa e l’evasione fiscale, che continuano a essere fenomeni rilevanti. Brambilla ha criticato il fatto che, guardando a consumi e spese, appaia poco credibile che quasi la metà degli italiani possa vivere con un reddito inferiore ai 10.000 euro lordi annui.

In merito alle possibili soluzioni, l’Osservatorio suggerisce alcune misure per ridurre il cuneo fiscale e incentivare un’occupazione più stabile e meglio retribuita. Tra le proposte, spiccano l’agevolazione del welfare aziendale e la detassazione dei premi di risultato, oltre a misure di defiscalizzazione mirate per i redditi più bassi. Queste proposte mirano a incoraggiare la trasparenza fiscale e favorire una maggiore equità nella distribuzione del carico fiscale.

Il rapporto di Itinerari Previdenziali evidenzia l’urgenza di un ripensamento delle politiche fiscali italiane per garantire un sistema di protezione sociale sostenibile. Il forte squilibrio nella distribuzione del carico fiscale rappresenta una sfida complessa, che richiede interventi strutturali per evitare che il peso del welfare continui a gravare in misura sproporzionata su una minoranza di contribuenti.

 

Non si chiede di far pagare meno tasse ai ‘ricchi’, ma di far emergere quell’enorme fetta di sommerso che ridarebbe equilibrio al sistema fiscale. Il messaggio è: “Pagare tutti il giusto, per poter pagare, si spera, di meno in futuro.”

 

 

 

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