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Aziende (imperfette) e il bello di chiedere scusa

Di
Giampaolo Colletti
11 Novembre 2021

Per l’Harvard Business Review viviamo nella nuova era conversazionale. Le aziende devono gestire le proprie imperfezioni, arrivando a chiedere scusa.

«Oggi le organizzazioni guadagnano la fiducia venendoci in aiuto nei momenti più difficili. Non sono realtà perfette, ma il modo in cui fanno i conti con l’imperfezione è proprio la ragione per cui ci fi diamo di loro». È un concetto straordinario e molto contemporaneo quello che mi ha raccontato qualche settimana fa il guru del marketing mondiale Seth Godin, che ho avuto la fortuna di intervistare per le pagine del Sole24Ore insieme a Fabio Grattagliano. Nel suo nuovo manuale, tradotto in italiano con La pratica, edito da Roi Edizioni e diventato già bestseller (e raccontato anche su Millionaire), Godin decide di affrontare il tema dell’imperfezione, che rende ancora più umana la marca in una fase storica che richiede soprattutto umanità.

È un concetto esposto già nel 2014 da Bryan Kramer, Ceo di PureMatter e uno tra i più importanti influencer al mondo. Nel suo libro Human to human racconta come per le aziende e per coloro che le abitano ogni giorno, sia essenziale fermarsi e mettersi in ascolto. Per Kramer non esiste più la classica distinzione b2c o b2b, ma la casistica h2h.

“Ascolta la conversazione che corre in Rete. Se decidi di restare, togliti gli abiti dell’azienda, mischiati con i clienti, comprendi ciò di cui hanno bisogno. Ascolta i clienti, interagisci con loro, aiutali e mostrati per quello che sei: un po’ imperfetto, autoironico, umano. Muoversi così è difficile e si potrebbe pensare di perdere autorevolezza, ma questa è l’era dello human to human” ha scritto Kramer.

Scuse in mondovisione

Essere umani, con pregi e difetti. Di più. Essere consapevolmente imperfetti e imparare a scusarsi degli errori. In queste settimane ci sono state scuse che hanno fatto più rumore del solito, nonostante fossero accompagnate dal silenzio, nell’impeccabile stile giapponese.

Questa è la storia della società giapponese proprietaria della gigantesca nave portacontainer Ever Given, rimasta incagliata per 7 giorni, dal 23 al 30 marzo, nel canale di Suez, causando il blocco parziale del traffico mercantile navale nel mondo. La nave, 400 metri di lunghezza e 200mila tonnellate di stazza, è rimasta incastrata di traverso a causa di una tempesta di sabbia con venti fortissimi, provocando il blocco di oltre 150 altre navi. Così Shoei Kisen Kaisha, al vertice della società, si è scusato, insieme alle sue prime linee.

Scuse che prendono il volo

Un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Più o meno come quella rilanciata con un tweet inviato da un cliente. Scuse che hanno preso il volo, letteralmente. Correva l’anno 2018 e il giovane professore messicano Esaí Vélez, in viaggio con la compagnia statunitense low cost Jet Blue, non si sarebbe mai aspettato tanta efficienza. Sorvolava i cieli americani quando decise di segnalare su Twitter il black-out del suo televisore sul poggiatesta del sedile anteriore. L’azienda è intervenuta in tempo reale: nel giro di pochi minuti dalla segnalazione il professore ha ricevuto le scuse e un voucher per un altro volo.

In fondo oggi, ancora di più con l’emergenza della pandemia, il vecchio call center va messo in cantina a favore di live chat e instant messaging. E la soddisfazione deve giocarsi sul terreno della velocità di risoluzione del problema, ma anche della competenza e della cortesia.

Tratto da Millionaire di maggio 2021. 

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