Come ti creo la più grande osteria romana a Milano

Di
Apl Media
24 Marzo 2014

In 15 anni ha servito oltre 1 milione di persone, più di 100.000 chili di pasta, 300 piatti di cacio e pepe tutti i giorni. E ha fatto tutto da solo.

David Ranucci, viterbese, è arrivato a Milano nel 1999 per amore di un figlio. Dopo anni passati a Roma nel mondo della notte, ha detto: e ora che faccio? Ha puntato tutto sulle sue capacità e sui sapori della sua infanzia. Perché non portare la cucina romana a Milano? Pronti via, ha preso un piccolo locale, 28 posti, lo ha chiamato Giulio Pane e Ojo, in onore del nonno. Ha dipinto le parete di giallo ocra, si è fatto mandare tavoli e sedie da Viterbo e ha iniziato a cucinare seguendo le ricette di Mamma Gisa: spaghetti cacio e pepe, matriciana e gricia, lombrichelli e tonnarelli freschi. Prezzi bassi, cucina buona. E la gente ha iniziato a fare la fila lungo il marciapiede. E tutti si sentivano coccolati.

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Ogni sera la fila aumentava e io stavo in strada per portare un bicchiere di vino e degli spuntini ai miei clienti per ingannare il tempo dell’attesa. Quella dell’accoglienza è un’arte da imparare. Mio nonno Giulio, che faceva l’oste, mi diceva: non ti potrai mai arricchire con la ristorazione, devi dare un servizio”. E io mio sono concentrato su quello».

È cosi che sono iniziate le prime recensioni sui giornali. Milano in quegli anni lo ha proclamato “Oste romano all’ombra della Madonnina” e da allora quello è il suo titolo di riferimento.

Qualche giorno fa, ha festeggiato i («primi») 15 anni della sua osteria. Che ha allargato man mano che le cose andavano bene, diventando la prima osteria romana a Milano.

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Lo staff di Giulio Pane Ojo e i figli di Ranucci: Matteo (al centro in piedi con giubbotto nero) e Claudia (seduta davanti a sinistra)

Nel 2001 il lattoniere di via Muratori ha smesso la sua attività e io ho allargato l’osteria, aggiungendo vetrine sul fronte strada. Poi nel 2004, sempre nello stesso cortile, un restauratore di mobili ha riposto nel cassetto pialle e scalpelli e mi ha dato la possibilità di aprire un salone caratterizzato da un unico lungo tavolo. Che è stata una fortuna: qui, tra tanti commensali diversi, sono nati molti amori» racconta David.

Dopo 10 anni di Giulio Pane e Ojo, è partito il progetto di espansione. Prima in via Muratori, con altri due locali: A casa Tua e Abbottega. Poi nel resto del mondo. Da Milano è andato a Montecarlo, poi New York e ora Miami. Per portare cucina e accoglienza italiana. Con il sogno di ricreare ovunque quella Franchetta di nonno Giulio, dove Ranucci ha trascorso la sua infanzia.

Oggi ha 70 dipendenti e ai giovani consiglia: «Scoprite le tradizioni e puntate tutto sui sapori della vostra terra. Rimboccatevi le maniche e partite. Chi si impegna, ce la fa. Le cose ci vo’ appiù a dille che a falle»

INFO: http://www.giuliopaneojo.com/IT/

Eleonora Chioda

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