Elkann si dimette da Presidente de la Repubblica (GEDI). La nuova era porterà ad una riorganizzazione aziendale.

Di
Matteo Cerri
4 Ottobre 2024

WTF! Cosa sta succedendo in casa GEDI?

Galeotto lo sciopero di due giorni durante l’Italian Tech Week, l’evento, ora gestito direttamente da Exor, in cui è stato annunciato l’accordo con OpenAI di Sam Altman. Un clima teso e segnato da continui scontri tra la redazione, il sindacato dei giornalisti e la proprietà ha portato a un doppio colpo di scena: Maurizio Molinari non è più il Direttore di Repubblica e John Elkann, Presidente del gruppo editoriale GEDI, ha deciso di farsi da parte. Almeno dal punto di vista formale. La riorganizzazione ai vertici ha generato un’ondata di speculazioni sul futuro dell’azienda e sul ruolo che Elkann e la famiglia Agnelli avranno nell’editoria italiana.

 

La situazione attuale: la cronaca di un addio annunciato

La rottura tra la redazione di Repubblica e il suo ormai ex direttore, Maurizio Molinari, era nell’aria da mesi, se non anni. La sua gestione è stata spesso contestata internamente per una serie di episodi che hanno coinvolto la proprietà e la linea editoriale del giornale. L’apice del malcontento è stato raggiunto durante lo sciopero del 25 e 26 settembre, che ha bloccato il quotidiano e ha coinciso con un evento cruciale per Exor, la Italian Tech Week.

Il dissenso tra i giornalisti è nato a seguito della pubblicazione di articoli ritenuti troppo favorevoli alle aziende sponsor dell’evento, senza che fossero chiaramente indicati come contenuti pubblicitari. Questo ha sollevato la questione delle ingerenze editoriali da parte dell’editore, in una dinamica in cui gli interessi aziendali sembravano sovrastare la linea indipendente della testata. Indipendente dalla proprietà e dipendente da quel Soviet Supremo che nel giornalismo italiano si chiama redazione e/o volontà dei giornalisti – come se fossero loro gli editori/imprenditori.

John Elkann ha deciso di lasciare la presidenza del gruppo GEDI, ponendo fine a un lungo periodo di presenza forte della famiglia Agnelli nell’editoria italiana. Al suo posto è stato nominato Maurizio Scanavino, attuale amministratore delegato, mentre Gabriele Comuzzo, ex vice di Scanavino, assumerà la carica di amministratore delegato. La direzione del quotidiano passa ora a Mario Orfeo, giornalista di lungo corso, già direttore di varie testate e del TG1, che conosce bene l’ambiente di Repubblica, avendoci lavorato come caporedattore.

Questa apparente vittoria dei ‘Giusti della redazione’ (ovvero l’abbandono del Padrone – come loro stessi hanno chiamato Elkann), potrebbe avere il fiato corto. Elkann lascia perché i suoi possano fare ordine nei conti e riorganizzare. Dove ‘riorganizzare’ di solito ha solo un significato, soprattutto per un elefante come GEDI.

 

Il peso dello sciopero e le accuse di ingerenza

Il recente sciopero della redazione ha comunque portato alla luce una serie di problemi irrisolti in casa GEDI come in gran parte delle testate storiche italiane. Alla base, vi era il malcontento per quello che il Comitato di Redazione (Cdr) ha definito “gravi ingerenze nell’attività giornalistica” da parte dell’editore e delle aziende a lui collegate. Si parlava di una pressione crescente affinché Repubblica pubblicasse articoli promozionali legati a sponsorizzazioni aziendali, senza dichiararlo apertamente ai lettori.

La protesta dei giornalisti è stata particolarmente accesa dopo la pubblicazione di una lettera inviata dall’azienda ai cronisti del settore Economia, in cui si comunicavano le direttive editoriali, con la frase inequivocabile: “Ricordate che a comandare sono gli sponsor”. Una frase che ha scatenato l’indignazione e ha portato alla proclamazione dello sciopero.

 

La nomina di Mario Orfeo

Mario Orfeo, che prenderà le redini del giornale, è un volto noto nell’ambiente editoriale italiano.

Orfeo non è nuovo al mondo di Repubblica. Negli anni ’90, è stato responsabile del servizio politico del quotidiano, prima di diventare caporedattore centrale. Ora, dovrà affrontare una sfida ancora più impegnativa: risanare un clima interno di sfiducia e ricucire il rapporto con i lettori, senza perdere di vista gli equilibri con la proprietà. Soprattutto dovrà gestire un prodotto che è in caduta libera quanto a numeri e che probabilmente vedrà l’organico ridursi in modo significativo.

 

La strategia di Exor e la sfida del digitale

John Elkann, nel comunicare il suo addio alla presidenza, ha parlato di una ‘nuova era’ per il gruppo GEDI, centrata sull’accelerazione della trasformazione digitale e sul miglioramento dei risultati economici.

“GEDI oggi è uno dei protagonisti europei della trasformazione digitale, con un perimetro di attività chiaro, centrato su intrattenimento e giornalismo di qualità. I cambiamenti organizzativi annunciati oggi permetteranno maggiore focalizzazione e rigore nella gestione del Gruppo”.

La collaborazione con Sam Altman e OpenAI rappresenta solo una parte di questa strategia, che mira a rafforzare la presenza del gruppo nell’ecosistema digitale europeo. L’obiettivo dichiarato è chiaro: puntare sull’intrattenimento e sul giornalismo di qualità, mantenendo un occhio attento alla sostenibilità economica.

Il passaggio al digitale è ormai un imperativo per tutti i grandi gruppi editoriali e Repubblica non fa eccezione. Tuttavia, questo processo comporta inevitabilmente delle scelte difficili. Le parole “rigore nella gestione aziendale” lasciano intuire che nei prossimi mesi potrebbero essere necessari tagli e ristrutturazioni, non solo per far quadrare i conti, ma anche per affrontare la crescente concorrenza delle nuove piattaforme digitali. Il rischio è che questa trasformazione venga vissuta dalla redazione come un’ulteriore minaccia alla propria indipendenza editoriale.

 

Il futuro dell’Italian Tech Week e di Italian Tech

Ma in tutto questo epico casino, che fine faranno l’Italian Tech Week e Italian Tech, ovvero gli oggetti dello scontro finale? L’Italian Tech Week, l’evento voluto fortemente da Exor, quasi sicuramente rimarrà sotto il controllo della holding. Meno chiaro è il destino del format editoriale Italian Tech di Riccardo Luna, ora orfano dell’evento che giustamente ne ha fatto le fortune. Bisogna capire se avrà modo di coniugare sostenibilità economica e qualità giornalistica, evitando di essere vittima della riorganizzazione della ‘casa madre’. I numeri di Italian Tech, un prodotto editoriale di nicchia, potrebbero non essere sufficienti senza il sostegno esterno.

Sullo sfondo, rimane l’interrogativo su quale sarà il futuro della presenza della famiglia Elkann nel mondo dell’editoria. Il passo indietro di John Elkann alla presidenza di GEDI potrebbe essere il preludio a un disimpegno più ampio da parte della dinastia Agnelli dagli affari editoriali, come già accaduto per il settore automobilistico con la fusione di Fiat in Stellantis. È anche vero che GEDI negli ultimi anni ha venduto moltissime testate ‘minori’. Tuttavia, per ora, si tratta solo di ipotesi.

 

My 2cents

Sulla mia (personale) perplessità circa la posizione dei giornalisti ho già scritto QUI in un mio (lunghissimo) articolo. Sul dovere di dichiarare cosa è contenuto commerciale (o politico) per trasparenza verso il lettore, sono completamente d’accordo! A Millionaire ne abbiamo fatto un mantra rigoroso negli ultimi due anni, anche mettendo alla porta usanze comuni tra i competitor e nella vecchia gestione.

Capace che loro, i giornalisti, ci credano pure veramente e, sulla carta, hanno ragione!

Ma cos’è l’indipendenza dall’ingerenza del padrone/editore, portata come baluardo da redazione, sindacati e ben pensanti? L’editore è un’azienda. I giornalisti lavorano per un’azienda che ha una sua politica, una sua strategia e, soprattutto, un suo bilancio. Nel rispetto più rigoroso della trasparenza verso i lettori (come se i giornalisti fossero una garanzia…), l’editore ha il diritto di chiedere che la redazione collabori. Non c’è Stato, Partito  o Chiesa che li mantenga per ragioni di interesse superiore. Quelli sono organi di stampa, non imprese editoriali.

Elkann, piaccia o meno, ha il diritto di usare di un format commerciale (come un evento) per i propri propositi. Ha un po’ meno ragione nell’usare del prodotto editoriale per deviare l’attenzione sui problemi familiari o delle sue aziende in Italia. Come non mi stupirebbe nemmeno che dalla redazione gli abbiano fatto comprendere di potenziali ‘interventi’ a mezzo stampa. D’altra parte la penna di un giornalista può fare male se usata come arma.

Ha sbagliato nel lasciare il predominio mal gestito della concessionaria verso la redazione.

Dall’altra parte i giornalisti dimenticano che non lavorano per una cooperativa (e non a caso le cooperative tra giornalisti non reggono tanto), ma per un’azienda che, con il loro lavoro, devono valorizzare e non sabotare.

Indipendenza non vuol dire fare quello che si vuole con l’azienda altrui, vuol dire rigore nel fare il proprio mestiere, nel riportare i fatti, nell’attrarre lettori e nel contribuire ad un progetto editoriale ed imprenditoriale. Se l’indipendenza vuol dire fare i fatti propri con l’impresa altrui diventa una cosa diversa, forse persino peggiore dell’ingerenza di chi i soldi ce li mette.

 

 

 

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