Apre a Milano MOYSA, il più grande hub per la musica. 2.000 mq, un luogo unico nel suo genere, un acceleratore di business e opportunità per creativi. Situato in via Watt, tra gli storici Navigli e i loft industriali del quartiere Barona, MOYSA si ispira alle più importanti fucine di creatività internazionali, riunendo in sé diverse realtà: studi di registrazione all‘avanguardia, sale prove per concerti e uno studio di posa. A completare l‘eccezionalità della struttura, il concept restaurant Alegre e un Club esclusivo. Un luogo poliedrico e unico nel suo genere, che accompagnerà artisti, produttori, major, partner nazionali e esteri nel loro percorso creativo.
Sei gli studi di registrazione, che possono lavorare in sinergia, a blocchi, oppure indipendentemente gli uni dagli altri. Moysa è dotata di un ampio spazio di 100 mq dedicato alle arti visive e predisposto alla realizzazione di shooting fotografici e video. Ci sono poi una sala conferenze per le presentazioni e uno spazio per la didattica, perché Moysa punta anche a erogare servizi di formazione a tema music business. Siamo andati a intervistare Simone Giacomini, uno dei fondatori e responsabile dello sviluppo economico.

Com’è nata la visione che ha portato alla realizzazione di MOYSA in un luogo come Milano?
«L’idea di MOYSA è nata da una cena in un ristorante argentino. Era a tavola con Fabrizio Ferraguzzo, il manager dei Måneskin con cui avevo creato Stardust, e Shablo, musicista, discografico, produttore, dj, manager di artisti come Sfera Ebbasta, Rkomi e Blanco. Qui Shablo ci ha presentato la sua idea di factory musicale come luogo ricreativo, dove far nascere idee, dove, come si faceva negli anni ’80, si riunissero gli artisti».
Perché Moysa è un vero e proprio hub creativo dove gli artisti, oltre ad avere le numerose sale, si ritrovano per far nascere sinergie, idee, collaborazioni. Shablo aveva anche già individuato la struttura, che poi è quella dove abbiamo aperto.Dopo due anni di lavoro finalmente abbiamo aperto Moysa. Non c’era ancora un polo italiano o nel resto del mondo così. Un luogo dove l’artista può entrare, organizzare lo shooting fotografico, realizzare videoclip, fare la prova del live, registrare l’intero album, rimanere per pranzo e cena.
La sfida di MOYSA è riunire insieme tutti i servizi necessari alla produzione di opere discografiche. È la vostra sfida all’intelligenza artificiale?
«MOYSA è una sfida all’epoca tecnologica. Oggi tutto è online ma noi crediamo fortemente che alcuni ambienti lavorativi abbiano bisogno di un vero e proprio luogo fisico dove poter creare e dove poter far nascere sinergie. Ecco quindi che siamo andati contro corrente e abbiamo aperto una postazione fisica. La musica, e per me anche il marketing, non può essere fatta solo tramite intelligenza artificiale. Ci sarà sempre bisogno di persone umane, di creativi che seguano le esigenza dell’artista, perché ognuno ha il suo tone of voice. L’AI non potrà mai colmare il gap caratteriale dell’artista».
Come sta andando il progetto in chiave business?
«In MOYSA, oltre all’affitto dei vari spazi e sale, organizziamo anche eventi privati di alto livello. Poi dall’autunno apriremo una Academy con corsi di formazione che riguarderà tutto l’ambiente discografico: produzione, management, talent management, tutto quello che comprende la parte discografica».
Quale sarà lo sviluppo futuro del progetto?
«Il progetto non nasce per rimanere in Italia, ma vogliamo che MOYSA diventi una sorta di Soho per la musica. Vogliamo aprire a livello internazionale luoghi che in più abbiano anche una zona destinata agli alloggi, con loft funzionali per poter continuare il progetto anche comodamente dalla propria camera».
Articolo pubblicato su Millionaire giugno 2023.