La demografia delle aree interne: dinamiche recenti e prospettive future
Il documento dell’Istat “La demografia delle aree interne: dinamiche recenti e prospettive future” offre una dettagliata analisi delle trasformazioni demografiche che interessano le aree interne dell’Italia. Queste aree, caratterizzate da scarsa accessibilità ai servizi essenziali e da una popolazione prevalentemente anziana, stanno vivendo un declino demografico più accentuato rispetto ai centri urbani.
Dinamiche demografiche recenti
Le aree interne, che rappresentano il 48,5% dei comuni italiani, comprendono oltre 4.000 comuni e ospitano circa 13,3 milioni di persone, circa un quarto della popolazione residente in Italia. Nei centri urbani, invece, risiedono 45,7 milioni di individui. Questa dicotomia evidenzia una distribuzione territoriale che vede le aree interne più vulnerabili ai fenomeni demografici negativi rispetto ai centri urbani.
Tra il 2002 e il 2014, la popolazione delle aree interne è cresciuta del 2,9%, passando da 13,6 milioni a 14 milioni di abitanti. Nello stesso periodo, la popolazione dei centri urbani è aumentata del 6,8%, da 43,4 milioni a 46,3 milioni di abitanti. Tuttavia, dal 2014 al 2024, le aree interne hanno subito una diminuzione del 5%, scendendo a 13,3 milioni di abitanti, mentre i centri urbani hanno visto una riduzione dell’1,4%, attestandosi a 45,7 milioni di abitanti.
Flussi migratori e natalità
Un aspetto critico è il flusso migratorio dalle aree interne verso i centri urbani e l’estero. Dal 2002 al 2023, le aree interne hanno visto di un esodo di circa 3,5 milioni persone verso i centri urbani, a fronte di 3,3 milioni di movimenti nella direzione opposta, comportando una perdita netta di quasi 200.000 abitanti. Inoltre, nel periodo dal 2012 al 2019, la stabilizzazione dell’immigrazione straniera su consistenze più moderate ha impedito il riequilibrio delle perdite di popolazione dovute alla mobilità in uscita dalle aree interne.
La natalità nelle aree interne è in forte calo: nel 2023, il tasso di natalità è stato di 6,3 per mille, leggermente inferiore alla media nazionale di 6,4 per mille. Nei comuni ultraperiferici, il tasso di natalità è ancora più basso, attestandosi a 5,8 per mille. Considerando l’intero periodo 2002-2023, il calo delle nascite è stato del 28,5% nei centri e del 32,7% nelle aree interne.
Tassi di mortalità e speranza di vita
Le aree interne registrano tassi di mortalità più elevati rispetto ai centri urbani, con un tasso del 12,1 per mille nel 2023, rispetto al 10,9 per mille nei centri urbani. Questo riflette una popolazione più anziana e un accesso limitato ai servizi sanitari. Tuttavia, è interessante notare che nelle aree ultraperiferiche del Mezzogiorno la speranza di vita è più alta rispetto ai poli, suggerendo una migliore qualità della vita nonostante le difficoltà di accesso ai servizi.
Prospettive future
Le previsioni demografiche indicano che il declino della popolazione nelle aree interne continuerà nei prossimi decenni. Entro il 2043, la popolazione delle aree interne potrebbe diminuire dell’8,7%, rispetto a una riduzione del 3% nei centri urbani. Quasi il 90% dei comuni delle aree interne del Mezzogiorno è destinato a subire un calo demografico significativo, con un picco del 93% nei comuni ultraperiferici.
Lo scenario di previsione “mediano” contempla un calo di popolazione da 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,2 milioni nel 2033 (-1,4%) sino a 56,5 milioni nel 2043 (-4,3% rispetto al 2023). La variazione sull’anno base, nel breve e nel medio periodo, risulta più accentuata per i comuni delle aree interne (-3,8% e -8,7%) rispetto ai comuni dei centri (-0,7% e -3,0%). Entro il 2043, l’82,1% dei comuni delle aree interne sarà in declino, rispetto al 67,3% dei comuni dei centri.
Sfide e opportunità
Le dinamiche demografiche delle aree interne rappresentano una sfida significativa per le politiche di sviluppo territoriale. È necessario un approccio integrato che consideri non solo gli aspetti economici, ma anche quelli sociali e infrastrutturali, per invertire il trend di declino e promuovere la sostenibilità di questi territori.
La fuga dei giovani laureati, ad esempio, potrebbe essere contrastata attraverso politiche di incentivazione al rientro e alla valorizzazione delle competenze acquisite all’estero. Negli ultimi 20 anni, il numero di giovani laureati italiani che dalle aree interne si sono trasferiti verso i centri o verso l’estero è costantemente aumentato, mentre molto meno numerosi sono stati i flussi sulla traiettoria opposta. Tra il 2002 e il 2022, si sono complessivamente spostati dalle aree interne verso i centri poco meno di 330.000 giovani laureati di 25-39 anni, mentre appena 45.000 verso l’estero. Nello stesso periodo, sono rientrati verso le aree interne 198.000 giovani laureati dai centri e 17.000 dall’estero.
Un altro fattore che incide sullo spopolamento delle aree interne è costituito dai consistenti flussi di espatri dei cittadini italiani verso l’estero. A differenza dei centri, le aree interne, soprattutto nell’ultimo decennio, non sono attrattive per gli immigrati stranieri che scelgono di insediarsi più frequentemente nei grandi centri urbani dotati di servizi e, molto spesso, laddove risiedono altri concittadini appartenenti alle stesse comunità (effetto network). Il ridotto apporto della presenza straniera non permette di compensare adeguatamente i flussi di espatrio e, in combinazione con la bassa natalità, causa il diffuso declino demografico delle aree interne.
Le aree interne italiane stanno affrontando un periodo di trasformazione demografica che richiede interventi mirati per garantire la loro sostenibilità futura. Le politiche di sviluppo devono tenere conto delle specificità di queste aree, promuovendo misure che possano invertire il trend di declino demografico e migliorare la qualità della vita degli abitanti.