«L’avocado: un nuovo business per la Sicilia»

Di
Silvia Messa
26 Settembre 2018

Produrre avocado bio nella terra dei suoi padri: Andrea Passanisi, 34 anni, lo fa in Sicilia, a Giarre. Ed esporta in Francia, Belgio, Svizzera, Polonia. Ha vissuto per un periodo a Roma, ma durante un viaggio in Brasile si è innamorato degli avocado e ha intuito che poteva costruirci un’impresa, sostituendo i limoni, la produzione tradizionale dei suoi. Si fa aiutare da tecnici, crea nuovi impianti su tre ettari e mezzo di terreno. Millionaire è stato tra i primi a raccontare la sua storia, nel 2014, proprio dopo che Andrea aveva ricevuto con l’Oscar Green di Coldiretti “Esportare il proprio territorio”. Non solo ha sviluppato la sua azienda, puntando sul bio, ma ha contribuito anche a creare Sicilia Avocado, un brand e un consorzio di produttori che interagiscono per produrre di più, meglio, promuoversi e trovare insieme sbocchi di mercato.

È possibile coltivare avocado in Italia?

«L’Italia ha tante zone diverse, con differenti vocazioni agricole. Nella fascia subtropicale, non tutti i terreni sono adatti agli avocado. Serve un terreno più sciolto rispetto a quello dell’arancia. E un clima senza sbalzi: i cambiamenti repentini di temperatura influenzano la pianta. Buoni i terreni vulcanici, in Sicilia e in Calabria meridionale».

Come si avvia una coltivazione?

«Prima bisogna verificare se ci siano le condizioni pedoclimatiche adatte. Dopo l’impianto, servono quattro anni per avere i primi frutti. La superficie minima che consiglio sono 3-4 ettari. Noi possiamo fornire le piante, attraverso produttori siciliani e spagnoli: partner che hanno le piante giuste, i portainnesto, il seme certificato». Negli investimenti rientrano analisi preliminari, movimento terra, piano di concimazione, impianto d’irrigazione a pioggia, piante.

Come siete organizzati?

«Siamo una società consortile, tutti i soci sono allo stesso livello. Abbiamo la logistica in comune, dove i prodotti sono conferiti, selezionati elettronicamente e disposti su vassoi. Produrre avocado non è l’El Dorado. È una opportunità, in cui è fondamentale l’analisi preventiva. Farcela è possibile. Io mi sono dedicato all’impresa agricola, ma ho una laurea in Giurisprudenza. Aiuti economici non ne abbiamo avuti. Siamo cresciuti lentamente,
passo dopo passo».

Concorrenza?

«La Spagna è un esempio: sono organizzati, hanno un consorzio con 1.800 soci e il sostegno istituzionale. Da noi ci sono ancora troppe realtà individuali. Ma il momento è propizio. L’avocado non è una moda: sarà consumato come l’arancia. È una risorsa alimentare, ha aspetti nutraceutici rilevanti. Noi li spieghiamo con il nostro packaging. Raccontiamo il prodotto e gli diamo valore».

Quanto coltivate?

«Coltiviamo 100 ettari, produciamo 300mila-400mila kg. La produzione varia, di anno in anno, ma è fisiologico. Siamo 12 produttori, in aumento. L’idea è fare squadra e tenere alta la qualità».

Dove vendete?

«Dove il consumo consapevole è più alto. E lì sfidiamo la concorrenza. In Francia il consumo annuale a persona di avocado è di circa 800 grammi, il 50% arriva dalle importazioni da fuori Europa. C’è spazio per il nostro prodotto: italiano, certificato e biologico. Situazione analoga in Polonia e in altri Paesi. Più complesso l’iter burocratico per la Svizzera».

E in Italia?

«Stiamo puntando al Nord, Lavoriamo con vari gruppi della Gdo. Il 50% del nostro prodotto lo vendiamo nel nostro Paese, tra ingrosso e dettaglio: Piemonte, Lombardia, Veneto e Lazio. Ma anche Puglia, Calabria e Sicilia. Abbiamo creato una piattaforma di e-commerce dove privati o gruppi di acquisto possono comprare senza tramiti».

INFO: www.siciliaavocado.it

Tratto dall’articolo “Coltivo mango e avocado in Italia” pubblicato su Millionaire di luglio-agosto 2018. Per acquistare l’arretrato scrivere a abbonamenti@ieoinf.it

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