Gli scarti dell’uva diventano pelle per nuove borse

Di
Tiziana Tripepi
28 Marzo 2018

«Facevo il consulente ambientale e tra i miei clienti c’erano molte cantine vinicole che volevano valorizzare il residuo di lavorazione del vino, la vinaccia (l’insieme di bucce, raspi e semi che le cantine si ritrovano come scarto, ndr)» ci ha spiegato Francesco Merlino, 27 anni, chimico industriale. «Mi sono rivolto all’Università di Firenze, ed è qui che ho conosciuto Gianpiero Tessitore, 38 anni, un architetto che stava studiando ecodesign e cercava un materiale che sostituisse la pelle animale». Insieme a Valentina Longobardo, i due hanno creato Vegea: un biomateriale alternativo alla pelle animale e alla similpelle sintetica. Può essere usato per realizzare capi di abbigliamento, scarpe e accessori.

Perché avete scelto proprio la vinaccia?

«Abbiamo studiato diverse matrici vegetali: quella ideale a essere trasformata in similpelle era la vinaccia. Ci siamo rivolti a centri di ricerca specializzati in macromolecole o polimeri, che costituiscono la base di questo materiale. Ne abbiamo finanziato la ricerca, che è partita nel 2014, e ha portato a sviluppare una tecnologia che è stata brevettata».

È necessario il brevetto?

«Sì. Tante aziende nel mondo stanno cercando di sviluppare tecnologie green, la proprietà intellettuale è un asset importante: senza un brevetto nessuno avrebbe la forza di investire in tecnologia».

Qual è il valore aggiunto di Vegea?

«È un materiale ottenuto da una fonte rinnovabile. In Italia ogni anno vengono prodotti 5 miliardi di litri di vino. Ogni 10 litri di vino si ricavano 2,5 kg di vinaccia, dai quali si produce 1 mq di Vegea».

Come avete fatto a farvi conoscere?

«Ad aprile 2017 abbiamo vinto il Global Change Award, il più importante concorso internazionale sui materiali ecosostenibili: questo ci ha dato visibilità a livello mondiale. Ma la verità è che i temi della sostenibilità sono al centro del mondo, tutti i brand si stanno muovendo per sostituire almeno una parte della propria produzione con prodotti ecosostenibili».

Quanto costa avviare una startup come la vostra?

«Bisogna investire in ricerca, prototipazione, brevetti. Per arrivare a una fase preindustriale non si può pensare di partire con meno di 2 milioni di euro. Ma la buona notizia è che ci sono tanti bandi, soprattutto a livello europeo, che finanziano la ricerca. Abbiamo già trovato l’azienda che produrrà Vegea, stiamo mettendo a punto il sistema industriale per avviare la produzione nel corso di quest’anno. Sul mercato non ci sono prodotti di questo tipo».

INFO: www.vegeacompany.com

Tratto dall’articolo “Green Economy. Rivoluzione verde” pubblicato su Millionaire di febbraio 2018. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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