Amos Dudley, 23 anni, è uno studente brillante del New Jersey Institute of Technology. Non sorride mai a causa dei suoi denti storti. Ma non ha i soldi per comprarsi un apparecchio, in America possono costare fino a 8mila dollari. Allora per ritrovare il sorriso pensa di realizzarne uno da solo. Come? Con una stampante 3D.
Ogni problema ha sempre una soluzione
È il mantra di Amos che vuole eliminare l’imbarazzo che prova ogniqualvolta mostra i sui denti a qualcuno. È uno studente modello di design digitale, conosce tutto sulla stampante 3D e inizia a cercare delle soluzioni sul Web. Scrive la parola apparecchio per i denti su Google (braces, in inglese) e trova alcuni modelli che gli sembrava potessero essere stampati con una stampante 3D: «Avevo tutto quello che mi serviva per provare. “Perché non creare da solo un apparecchio per i denti?” mi sono chiesto e non c’erano motivi per non farlo» scrive sul suo blog.
La chiave per riuscire? Mettersi in gioco
Amos confessa di non aver provato solo per una questione di soldi, non ne aveva, ma forse dopo il college avrebbe potuto permettersi un apparecchio: «Ho capito che potevo fare qualcosa di molto più innovativo del risparmio. Di poter mostrare al mondo le mie capacità di designer e di maker. Insomma, era il modo giusto per mettermi in gioco».
Gli esperimenti e il successo
Lo studente riesce a realizzare dodici modelli. Nel suo blog documenta come è riuscito a farli, passo dopo passo. La spesa: 60 dollari. Ha provato l’apparecchio su se stesso con risultati straordinari: «Finalmente mi sento libero di sorridere». Un’occasione anche di business? Amos nega che userà la sua invenzione per fare soldi. A chi glielo chiede risponde di non avere le competenze giuste e di non voler mettere a repentaglio la salute delle persone. Eppure: «È chiaro che ho individuato un problema. C’è molta frustrazione verso i costi altissimi e la mancanza di alternative». Che pensandoci sono i due presupposti maggiori per creare un business vincente in qualsiasi campo.


INFO: http://amosdudley.com/weblog/Ortho
Redazione