Il bar che accetta pagamenti in criptovalute

Di
Lucia Ingrosso
4 Giugno 2018

Fenomeno di costume o rivoluzione? Sarà il tempo a dare la risposta. Nel frattempo, nella Bitcoin Valley di Rovereto, la moda della criptovaluta è contagiosa. I bitcoin sono l’argomento del momento che si discute al bar. E il bar si chiama Mani al cielo. Lo ha aperto 4 anni fa, ristrutturando un’antica stalla, Giampaolo Rossi. Dal 2015 accetta pagamenti in bitcoin. Conserva ancora lo screenshot della prima transazione: 3 euro, pagati con 4,95 millesimi di bitcoin. «Mi sono avvicinato per curiosità. Mi sono documentato. Mi è sembrato un sistema di pagamento “figo”, e l’ho adottato» racconta lui.

Cosa deve fare un commerciante che vuole farsi pagare anche in bitcoin?

«Semplice: deve scaricare un’App sullo smartphone. Al momento del pagamento, basta la lettura di un QR code per chiudere la transazione» spiega Rossi.

«Ci sono due tipi di commercianti: i prudenti, che ricevono pagamenti in bitcoin, ma li tramutano in euro, e gli avventurosi, che conservano i bitcoin. Le transazioni sono molto più sicure di quelle con le carte di credito. Gli esercizi commerciali possono poi riservare promozioni speciali e sconti a chi paga in bitcoin. Con la nostra società inbitcoin forniamo servizi extra ai commercianti, per importi variabili a seconda del pacchetto» precisa Marco Amadori, uno dei primi in Italia a studiare e apprezzare bitcoin e blockchain, che in Trentino-Alto Adige ha creato un mondo parallelo in cui bitcoin è una moneta di pagamento a tutti gli effetti. Il cuore del progetto è a Rovereto (la Bitcoin Valley).

Per Giampaolo l’avventura con i bitcoin non è stata tutta rose e fiori. «I primi bitcoin
in parte li ho conservati, in parte li ho spesi e in parte li ho persi, ero inesperto». Ora però va meglio. «Studiando e facendo esperienza, ne ho apprezzato i vantaggi: la possibilità di effettuare transazioni tutti i giorni, anche a Natale. Svantaggi? Tanti non vogliono documentarsi e preferiscono delegare alle banche i pagamenti».

Oggi Giampaolo paga in bitcoin alcuni fornitori e dà ai dipendenti la possibilità di incassare una percentuale (a loro scelta) dello stipendio in bitcoin. Così ognuno può decidere di mettere da parte i soldi oppure spenderli. «Attualmente, le transazioni in bitcoin riguardano il 2-3% del totale. Lo usano tutti, anche se i più interessati vanno dai 35 ai 50 anni . Il tratto comune? La curiosità».

 

Tratto dall’articolo “Viaggio nella Bitcoin Valley” pubblicato su Millionaire di aprile 2018. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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