cuore in 3D

Spin-off universitari: l’innovazione che salva vite

Di
Tiziana Tripepi
17 Luglio 2023

Organi stampati in 3D per decidere un trapianto o per preparare un intervento. Ma anche per “allenare” i futuri chirurghi. Una tecnologia assolutamente innovativa, nata all’Università Statale di Milano.

 

Due fegati stampati in 3D che riproducono fedelmente l’organo reale di due donatori, i figli di un paziente che necessita di un trapianto: stesso peso, scala 1:1, realizzati con un materiale gelatinoso che ha la stessa consistenza dell’organo vero. Sono stati utilizzati nel 2021 dall’ospedale Niguarda di Milano per decidere quale dei due fosse più compatibile. Grazie a questi modelli i medici si sono resi conto che uno dei due fegati presentava un’anomalia che avrebbe compromesso la buona riuscita dell’operazione. Hanno scelto l’altro: l’intervento è riuscito, paziente e donatore stanno bene. 

È stato questo uno dei primi casi di applicazione dell’innovativa tecnologia sviluppata da due professori dell’Università degli Studi di Milano: il fisico Paolo Milani, ordinario di Struttura della Materia, e il medico Gian Vincenzo Zuccotti, ordinario di Pediatria generale e specialistica e primario dell’ospedale Buzzi. Insieme ad altri colleghi della Statale hanno fondato la startup Huvant (Human Haptic and Virtual Phantoms), che commercializza modelli fisici (o aptici, come si dice in gergo) e virtuali di organi creati dalla piattaforma Printmed-3D, infrastruttura di ricerca e sviluppo della Statale. 

«A essere stampato in 3D non è un organo-tipo, ma proprio quello di una determinata persona, per esempio il rene di un paziente che deve essere operato di tumore» Spiega Milani: «L’ospedale che desidera realizzare l’organo ci invia il file digitale della TAC (anonimo). A partire da questo noi elaboriamo un modello tridimensionale di due tipi: fisico e virtuale, quest’ultimo utilizzabile con i visori. Per alcuni interventi è sufficiente il modello virtuale, che permette una navigazione tridimensionale e l’amplificazione dei dettagli, come se si fosse dentro al corpo del paziente. Per altri occorre anche il modello fisico». 

 

Meno costi (e rischi) per la formazione dei chirurghi

I modelli fisici, in particolare, servono per la formazione dei chirurghi. La loro particolare consistenza permette agli specializzandi di manipolare l’organo come se fosse quello vero e di essere pronti ad affrontare la sala operatoria. All’Istituto Neurologico Carlo Besta, Printmed-3D ha fornito i modelli per far esercitare i futuri chirurghi nella rimozione di meningioma e glioma del cervello. «Nel campo della simulazione c’è una grande richiesta a livello mondiale. In Italia – sottolinea il fisico -– siamo gli unici a fare questo tipo di formazione, e tra i pochi ad avere una tecnologia così avanzata da garantire una riproduzione fedele degli organi». Il tema, scottante, è quello degli altissimi costi per la formazione dei chirurghi. «Diventare chirurgo è un viaggio lungo e costoso», conferma Milani. «Otto anni è il tempo medio di studio in università, 11 anni per l’intero iter formativo, per un costo totale altissimo. Inoltre è una professione “artigianale”, che va necessariamente appresa sul campo, cioè su un corpo umano. 

 

cuore in 3D

 

Dal Dipartimento di Fisica lo spin-off che funziona

Milani è un professore-imprenditore, alla sua quinta start-up. Ne ha realizzate altre due in campo biomedico, una di strumentazione scientifica e una di materiali per varie applicazioni. In tutto le sue aziende danno lavoro a diverse decine di persone. «Ho lavorato tanto all’estero, soprattutto in Svizzera, dove è normale che dagli atenei nascano imprese», racconta. «L’università deve generare valore per la società, e questo significa non solo formare gli studenti, ma anche creare posti di lavoro e idee. Idee che devono trovare una validazione sul mercato. Il mercato, come diceva Luigi Einaudi, non è il fine ma è un indicatore». Largo dunque agli spin-off universitari, che però devono essere sostenibili economicamente, «come un figlio che hai cresciuto e a un certo punto va via di casa e deve mantenersi da solo». Tre ospedali milanesi (Sacco, Fatebenefratelli e Buzzi) utilizzano già questa tecnologia, l’obiettivo è quello di fornirla all’intero sistema sanitario lombardo e, in futuro, a tutta l’Italia. Ma come è iniziata questa avventura? «Il dipartimento di Fisica aveva già dei laboratori e un’officina altamente attrezzata. Una volta elaborato il progetto con i colleghi della facoltà di Medicina – racconta Milani – abbiamo cercato un bando per poter creare l’infrastruttura Printmed-3D. Lo abbiamo trovato in “Call Hub Ricerca e Innovazione”, promosso dalla Regione Lombardia, che faceva uso dei fondi Ue (POR-FESR 2014-2020), e lo abbiamo vinto, ottenendo più di tre milioni di euro. Siamo partiti così».

 

Articolo pubblicato su Millionaire giugno 2023.

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